E’ indiscrezione di questi giorni, riportata dal quotidiano MilanoFinanza, che l’amministratore delegato di Cassa depositi e prestiti (CDP), Dario Scannapieco, starebbe valutando un maxi-rialzo dei tassi d’interesse offerti sui Buoni fruttiferi postali. Già a giugno vi erano state alcune novità in tal senso. I nuovi titoli 3×4 e 4×4 offrono rispettivamente l’1% e l’1,25% lordo all’anno, nel caso in cui fossero detenuti per il periodo massimo previsto dalle due emissioni. In cambio, è scomparso il 5×5, cioè l’investimento fino a 25 anni e per un tasso dell’1,50% lordo.

Stando ai rumors, pare di capire che gli aumenti ipotizzati siano dell’1%, se non di più.

I Buoni fruttiferi postali sono emessi da CDP e sono distribuiti tramite le filiali di Poste Italiane. Al 31 dicembre 2021, ve ne erano in circolazione per 281 miliardi di euro. Essendo molto sicuri, offrono tassi tipicamente bassi ai risparmiatori, sebbene in passato fossero noti per l’esatto contrario: offrivano tassi elevati, anche dopo avere tenuto conto degli alti livelli d’inflazione. La classe media italiana ci ha campato per decenni!

Buoni fruttiferi postali all’inseguimento dei BTp

Negli ultimi mesi, i rendimenti obbligazionari sono schizzati man mano che l’inflazione è salita e che le banche centrali nel mondo hanno iniziato ad alzare i tassi d’interesse. Per la fine di quest’anno, la BCE dovrebbe averli portati allo 0,75% dal -0,50% attuale. Un’evoluzione per il costo del denaro, che non poteva risparmiare i Buoni fruttiferi postali. Eravamo stati facili profeti quando tempo fa scrivemmo che CDP avrebbe rivisto i tassi all’insù.

E’ normale che sia così. Oggi, un Buono 3×4, cioè della durata massima di 12 anni, offre appena l’1% contro il 3,60% di rendimento per un BTp di pari durata. Un Buono 4×4 arriva all’1,25%, quando i titoli di stato viaggiano in area 3,70% sui 16 anni. Considerate che tassazione e rischi siano sostanzialmente molto simili.

Un risparmiatore non avrebbe alcun interesse oggi come oggi ad acquistare Buoni fruttiferi postali, anziché BTp.

Differenze con titoli di stato

Esistono, però, differenze tecniche che continuano ad avvantaggiare gli investimenti nei primi. Il titolare può sempre disinvestire vedendosi rimborsato il capitale al 100% del suo valore nominale. I BTp rimborsano il capitale solo alla scadenza, per cui disinvestire prima implica l’assumersi il rischio di esporsi ai prezzi di mercato. Ma allo stesso tempo, i titoli di stato pagano sempre la cedola fino al giorno in cui siano rivenduti, mentre i Buoni fruttiferi postali vanno a scatti. Ad esempio, il 3×4 riconosce al titolare gli interessi fino alla fine del triennio precedente al disinvestimento. Se vendo dopo 8 anni, riscuoto gli interessi solo fino al sesto.

Il rialzo dei tassi sui nuovi Buoni fruttiferi postali è certamente una buona notizia per i risparmiatori, sebbene sia la riprova che l’inflazione nell’Eurozona sia salita velocemente negli ultimi mesi. In termini reali, gli interessi resteranno con ogni probabilità ancora più negativi di inizio anno.

[email protected]