Sono arrivate buone notizie per i titoli di stato italiani nelle ultime sedute. Lo spread tra BTp e Bund a 10 anni è sceso fin poco sopra 170 punti base e i nostri rendimenti decennali si attestavano al 3,75% ieri, quasi l’1% in meno da fine dicembre. I mercati sono tornati a comprare bond sulla prospettiva di rialzi dei tassi meno intensi nei prossimi mesi sia nell’Area Euro che negli Stati Uniti. Lo stesso decennale tedesco ha visto scivolare il suo rendimento al 2%, il livello più basso da un mese.

E proprio il Bund a 10 anni invia un segnale importante per lo stesso mercato sovrano italiano. Come detto, offre al momento il 2%. Alla fine di dicembre, stava sopra il 2,55%. Nel frattempo, l’omologo indicizzato all’inflazione tedesca – Bundei 1 aprile 2033 e cedola reale 0,10% (ISIN: DE0001030583) – è passato da un rendimento dello 0,02% al -0,07%. Questo significa due cose: in primis, che i titoli di stato della Germania restano poco appetibili, dato che sono tornati a rendere negativamente in termini reali.

Bund a 10 anni e inflazione attesa

Già questa sarebbe in sé una buona notizia per i BTp, venendo meno un fattore di possibile concorrenza ulteriore. L’altro aspetto interessante a cui porre attenzione è il dato sull’inflazione attesa. Monitorando il differenziale o spread tra Bund a 10 anni con cedola fissa e Bundei 2033, otteniamo che attualmente essa risulterebbe sotto il 2,10%. Meno di tre settimane fa, era intorno al 2,55%. In soldoni, l’inflazione attesa si è contratta di quasi mezzo punto percentuale in poche settimane presso la prima economia europea.

Le prospettive sui tassi della Banca Centrale Europea (BCE) dipendono essenzialmente dalle aspettative d’inflazione nell’unione monetaria. E poiché l’andamento dei prezzi in Germania incide in misura rilevante su di esse, il segnale che arriva dal Bund a 10 anni va nella direzione di sostenere gli acquisti di bond.

Una più bassa inflazione nei prossimi mesi allenterebbe la pressione sulla BCE. Inoltre, sarebbe sintomatica di un rallentamento economico atteso dagli investitori. E ciò contribuirebbe a disinflazionare l’Europa.

Il restringimento dello spread si spiega facilmente. Tassi BCE più alti implicano maggiori rischi potenziali per l’alto debito pubblico italiano, il cui costo di rifinanziamento sta salendo drasticamente nell’ultimo anno. Il fatto che l’apice dei tassi sia atteso di circa mezzo punto più basso rispetto alla fine di dicembre riduce le tensioni a carico del nostro mercato sovrano. Da considerare che lo spread a 2 anni tra Italia e Germania giace sotto i 35 punti o 0,35%. In altre parole, non ci sarebbe alcun problema di rifinanziamento del debito a medio-breve termine.

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