I titoli di stato indicizzati all’inflazione sono tornati improvvisamente di moda dopo essere stati ignorati quasi in tutto il mondo per anni. La ricomparsa dell’inflazione sta minacciando il potere di acquisto del capitale, per cui il mercato corre a proteggersi. In Italia, abbiamo due tipologie di bond legati all’aumento dei prezzi al consumo: i BTp Italia e i BTp€i. Esistono varie differenze rilevanti tra i due, ma oggi vogliamo parlarvi di un problema ignoto a molti degli stessi obbligazionisti.

E per farlo, vi proponiamo come esempio il BTp€i 2041 (ISIN: IT0004545890). Si tratta di un bond indicizzato all’inflazione Eurostat, emesso nel lontano 2009. Pertanto, all’atto della sua emissione era un ultra-trentennale. Lo capireste anche dalla maxi-cedola offerta: 2,55% reale.

BTp€i 2041, ecco rendimento e prezzo

Quest’oggi, il titolo sul Mercato obbligazionario Telematico di Borsa Italiana esibisce una quotazione di 123,15. Cosa significa? Che per inserire in portafoglio un titolo di 1.000 euro nominali, dovrai spenderne 1.231,50. A tale prezzo, il rendimento lordo era pari a 1,17%. Se consideriamo che il BTp 2041 con cedola fissa rende nelle stesse ore il 3,32%, di fatto il tasso d’inflazione attesa da qui alla scadenza, quasi venti anni da oggi, sarebbe del 2,15% medio all’anno. Esso si ottiene dalla differenza tra i due rendimenti.

Tuttavia, se vi dicessimo che per acquistare il BTp€i 2041 dovreste spendere oltre 1.500 euro, al netto del rateo relativo alla cedola? E qui arriva la brutta sorpresa per coloro che conoscono poco il mondo dei bond indicizzati all’inflazione dell’Eurozona. Per capirlo, vi diamo conto della spiegazione del Ministero di economia e finanza:

La quotazione dei prezzi dei BTp€i sul mercato secondario è effettuata in termini “reali”, quindi il prezzo di quotazione non tiene conto della componente di indicizzazione. Il prezzo di negoziazione, ovvero il prezzo a cui i BTp€i vengono acquistati e/o venduti sul mercato, è invece ottenuto moltiplicando il prezzo di quotazione per il “coefficiente di indicizzazione” relativo alla data di regolamento della transazione.

Attenti al coefficiente di indicizzazione

Il discorso è questo: i BTp€i sono rimborsati alla scadenza per un valore pari al capitale nominale (100) rivalutato del tasso d’inflazione cumulato dalla data di emissione. Ad esempio, se l’indice dei prezzi salisse del 15% tra la data di emissione e la scadenza, il capitale sarebbe rimborsato a 100 x 1,15, cioè a 115. Il prezzo che vedete sugli schermi di Borsa Italiana non comprende tale coefficiente di indicizzazione, bensì solamente la quotazione che si forma dall’incontro tra domanda e offerta. Nel nostro caso, esso è di 123,15, come sopra detto.

Ma tale prezzo va moltiplicato per il coefficiente di indicizzazione, vale a dire per l’aumento dei prezzi intercorso tra il 15 settembre 2009 e la fine di luglio. Per quanto il dato non sia definitivo, l’indice dei prezzi Eurostat a luglio risulta salito a 117,14, il 27% più alto del valore dell’indice dalla data di emissione del BTp€i 2041 (92,21738). Ne consegue che il costo effettivo del titolo sarebbe di 156,43, cioè 1.564 euro e rotti. Per chi pensava di inserirlo in portafoglio a poco più di 1.230 euro, un brutto colpo. Ecco perché i titoli di stato indicizzati vanno acquistati solo dopo che se ne siano appresi tutti gli elementi fondamentali che li caratterizzano.

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