Le ultime sedute sono state negative per i titoli di stato europei. Il Bund a 10 anni, che è un “benchmark” per il mercato obbligazionario continentale, ha visto lievitare il suo rendimento lordo dello 0,30% in poco più di una settimana al 2,60% di ieri. Ciò ha trascinato i rendimenti sovrani nel resto dell’Area Euro, facendo salire il BTp a 10 anni sopra il 4,30%. Lo spread non si è smosso granché, tuttavia, pur salendo a 170 punti base o 1,70%. Tonfo dei prezzi per il BTp 2072 (ISIN: IT0005441883), il bond del Tesoro italiano più longevo.

La quotazione superava i 60 centesimi il 28 giugno scorso, mentre ieri scendeva a 56,70 centesimi. Oltre un -5%, che ha fatto risalire anche in questo caso il rendimento. A quale livello? Al 4,34% dal 4,09% delle ultime sedute di maggio.

A molti non sarà sfuggito un particolare: il bond del Tesoro a 30 anni offriva sempre ieri quasi il 4,70%. Ci aspetteremmo che il BTp 2072, avendo una durata residua di quasi mezzo secolo, offrisse ancora di più. Invece, accade l’esatto contrario. Il suo rendimento tende a seguire le sorti del decennale, rispetto al quale si attesta a qualche punto base più in alto. Controsenso?

Siamo abituati a pensare che i rendimenti obbligazionari salgano lungo la curva delle scadenze. Più lontana la data di rimborso di un titolo, maggiore il rendimento preteso dal mercato. Il “sacrificio” sostenuto nel privarsi della liquidità per un periodo prolungato porta a richiedere una remunerazione più alta. Se questo è vero, altre variabili incidono sulla determinazione del prezzo. Una di questa è l’inflazione.

BTp 2072, effetto inflazione

Sappiamo quanto stretto sia il legame tra crescita dei prezzi al consumo e rendimenti. Un anno e mezzo fa, le scadenze medio-brevi offrivano ancora rendimenti negativi. Non appena le aspettative d’inflazione sono lievitate, i rendimenti sono esplosi. Oggi, ad esempio, i BoT a 12 mesi sono vicinissimi al 4%.

Cosa c’entra questo discorso con il BTp 2072? C’entra, eccome. Le aspettative d’inflazione negli ultimi mesi si sono “raffreddate” a colpi di aumento dei tassi d’interesse e anche per il crollo dei prezzi di gas e petrolio. Ciò ha ridotto i rendimenti pretesi lungo la curva. Ma l’inflazione in sé è percepita dal mercato come un problema per i successivi anni. Da qui a 30-40 o 50 anni, invece, gli effetti di una fiammata dei prezzi sono considerati quasi nulli.

Da questa osservazione deriva che i rendimenti pretesi dal mercato per le scadenze ultra-lunghe non si discostano granché da quelli offerti dalle scadenze più corte. E ciò vale particolarmente proprio nei periodi di alta inflazione come questo. Se è vero che quest’anno l’inflazione italiana chiuderà probabilmente a una media intorno al 5,5% e che ancora l’anno prossimo resterà nei pressi del 3%, tra numerosi anni non sappiamo quale sarà. Nel lunghissimo periodo, dovremmo supporre che tenderà a stabilizzarsi attorno al target del 2% della Banca Centrale Europea. Stando così le cose, può andare bene che il BTp 2072 offra sostanzialmente quanto il BTp a 10 anni e meno del trentennale. Oltre una certa durata, la curva o è piatta o tende ad invertirsi.

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