Il BTp 2072 (ISIN: IT0005441883) ha debuttato sul mercato obbligazionario quest’anno ai minimi dallo scorso mese di maggio. Per contro, il rendimento è salito ai massimi da circa sette mese e mezzo. Ieri, quello netto si attestava al 2,07%, pari al 2,37% al lordo della tassazione. Il bond a 50 anni ha subito un forte calo negli ultimi mesi. Pensate che il 10 agosto scorso era salito sopra 105, mentre ieri la quotazione era sprofondata a poco più di 95 centesimi. In altre parole, un deprezzamento di quasi il 10% in meno di 150 giorni.

In questo lasso di tempo, il rendimento è salito da 1,70% a 2,07%, cioè dello 0,37%. Considerata la scadenza superiore ai 50 anni, gli obbligazionisti che avessero acquistato ieri il BTp 2072, si sarebbero portati a casa un asset più redditizio di circa il 18% netto cumulato di quanto non fosse in piena estate.

BTp 2072 asset contro l’inflazione

Queste cifre confermano che azzeccare i tempi di ingresso e uscita sui mercati è determinante per minimizzare le perdite e per massimizzare i guadagni. A questo prezzo, il bond è diventato un po’ allettante, dato che nel lungo periodo il tasso d’inflazione nell’Eurozona, Italia compresa, dovrebbe attestarsi intorno al 2% per espresso obiettivo della BCE. Ma certo che il BTp 2072 non sarebbe un asset su cui puntare per proteggersi nel breve e medio termine dalla perdita del potere d’acquisto, al 3,7% annuale a novembre. Preferibile attendere una ulteriore discesa dei prezzi e la contestuale risalita dei rendimenti.

E’ altrettanto vero, poi, che non è detto che l’obbligazionista debba inserire il BTp 2072 in portafoglio fino alla scadenza. Se lo scopo fosse speculativo, tuttavia, potrebbe dover attendere diversi anni prima di riuscire a disinvestire a prezzi maggiori di quelli di acquisto. I tassi d’interesse stanno per salire e inevitabilmente i prezzi scenderanno. A pagare pegno saranno particolarmente proprio i bond più longevi, emessi in questi anni con cedole molto basse e negoziati sul mercato a quotazioni elevatissime.

Peraltro, i titoli di stato italiano tendono a sottoperformare i concorrenti dell’Eurozona nei periodi di minore accomodamento monetario, essendo considerati a rischio.

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