Prossima settimana, il Tesoro collocherà sul mercato titoli del debito pubblico per complessivi 7,5-9 miliardi di euro. Di questi, 1,25-1,75 miliardi saranno raccolti attraverso la quarta tranche del BTp 1 marzo 2037 e cedola 0,95% (ISIN: IT0005433195). Si tratta di un bond della durata residua di quasi 16 anni, di fatto il nuovo “benchmark” sul tratto a 15 anni.

Questo titolo si acquistava ieri a una quotazione di 96,30 centesimi, cioè decisamente sotto la pari. Pertanto, offriva un rendimento lordo dell’1,23% e netto dell’1,08%. Dal 17 maggio scorso, risulta essersi apprezzato del 5,4%.

Contestualmente, il BTp 2037 ha lasciato per strada oltre una quarantina di punti base di rendimento. Infatti, meno di due mesi fa rendeva l’1,65%.

Chi volesse acquistarlo all’asta prossima settimana, dovrebbe sapere che per ogni 1.000 euro nominali dovrà sborsare solamente 963 euro. A questo prezzo si aggiungono le commissioni bancarie e il rateo passivo per la cedola. Quest’ultimo sarebbe pari a 3,37 euro per il periodo che va dall’1 marzo scorso (data di stacco della cedola semestrale) e la giornata di ieri.

Confronto con BTp Futura 2037

Il BTp 2037 offre un rendimento più basso del BTp Futura 2037. Questo è stato emesso nella scorsa primavera e negli ultimi due mesi guadagna meno del 4%, rendendo l’1,48%. Un quarto di punto percentuale in più. La differenza si deve sostanzialmente al minore appeal del bond retail, che eroga cedole step up, cioè crescenti nell’arco dei 16 anni. La cedola media ponderata è dell’1,40%, ma per il primo quadriennio si parte da un più misero 0,75%.

A questi prezzi, il BTp 2037 non arriva a coprire neppure il tasso d’inflazione attualmente vigente in Italia dell’1,3%. In condizioni monetarie meno espansive e senza specifiche tensioni sul nostro Paese, la scadenza a 15 anni ha offerto più del doppio dei livelli attuali. Per questo, il rischio di deprezzamento del bond nei prossimi mesi è elevato. La BCE prima o poi dovrà mostrarsi meno accomodante e inizierà a valutare i tempi per il primissimo rialzo dei tassi dopo il 2011.

I rendimenti sarebbero destinati a lievitare lungo la curva e il tratto lungo ne risentirà più degli altri, data l’alta “duration”.

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