A giorni arriva a scadenza un titolo di stato emesso tre anni fa, il BTp 15 aprile 2024 e senza cedola (ISIN: IT0005439275), anche se sarebbe più opportuno dire che sia con cedola zero. Il debutto di questo bond del Tesoro avvenne in condizioni monetarie estremamente differenti da quelle odierne. Eravamo ancora in piena pandemia. La Banca Centrale Europea (BCE) teneva i tassi di interesse azzerati e acquistava bond sovrani e corporate sia attraverso l’ordinario programma monetario noto come Quantitative Easing, sia con il Pepp varato in emergenza sanitaria nel marzo del 2020.

Di liquidità ce n’era anche troppa sui mercati, tant’è che i rendimenti obbligazionari erano negativi fino al tratto medio-lungo della curva. In stati come la Germania, riuscivano ad essere negativi lungo l’intera curva delle scadenze.

Rendimento all’emissione negativo

Il BTp a 3 anni fu emesso non soltanto senza cedola, ma persino a prezzi sopra la pari. Infatti, a 100,67 esitò un rendimento lordo negativo dello 0,22% all’anno. Chi lo acquistò, seppe sin dall’inizio che avrebbe perso parte del capitale tenendo il bond fino alla scadenza. Il problema è che altrove andava anche peggio. Solo buttandosi su asset ben più rischiosi si poteva sperare di portare a casa un qualche rendimento sopra lo zero. L’unica speranza alternativa sarebbe stata di poter rivendere il titolo ad un prezzo ancora più alto, cioè che i rendimenti a medio-breve termine scendessero ulteriormente.

Brutta sorpresa dal ritorno dell’inflazione

Pensate alla differenza con oggi. Il BTp a 3 anni offre attualmente il 3,25%, altro che senza cedola. Successivamente all’emissione, i prezzi ressero per un po’ e persino salirono. Tuttavia, con il passare dei mesi arrivò il crollo. La ragione fu semplice: l’inflazione era tornata. Sembrava che fosse scomparsa definitivamente, ma tra riaperture post-lockdown e crisi dell’energia provocata dalla guerra russo-ucraina, i prezzi al consumo iniziarono a galoppare.

In questi tre anni, risultano essere schizzati di oltre il 15%.

Mettetevi nei panni di chi acquistò il BTp senza cedola. Dopo tre anni, può dire non solo di non avere visto il becco di un quattrino, ma di avere accusato una perdita in doppia cifra. Effettivamente, tra rendimento negativo e inflazione il conto appare pesante: -15,7%. Una perdita media annua del 5%. Sarebbe stato più saggio rivendere anche sotto la pari alle prime avvisaglie di crollo dei prezzi. Reinvestendo il capitale, si sarebbero limitate le perdite o persino evitate del tutto. Ad esempio, ai minimi toccati nel settembre del 2022 a 95,50 centesimi, avremmo sì perso il 4,5% solamente in conto capitale, ma al contempo avremmo anche potuto reinvestire in bond più redditizi, pur allungando la durata dell’investimento.

BTp senza cedola cattivo investimento con tassi bassi

Chi acquistò questo BTp senza cedola proprio ai minimi, ha ben poco di cui festeggiare. In più di un anno e mezzo, porterà a casa meno del 5% lordo di rendimento. Nel frattempo, l’inflazione italiana è stata superiore al 5%. Dunque, una perdita secca. Cosa ci insegna questo titolo? Tenersi alla larga dalle obbligazioni con rendimenti infimi o persino nominalmente negativi quando i tassi sono bassi. A quel punto, meglio la liquidità. Perlomeno, avremmo prontezza di riflessi per approfittare del rialzo dei tassi senza dovere incorrere in perdite.

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