Questo sarà ricordato come l’anno della corsa per i rendimenti obbligazionari in tutto il mondo. Basti pensare a quanto accaduto al T-bond americano a 10 anni, “benchmark” globale. All’inizio del 2022, offriva un rendimento di poco superiore a 1,60%, mentre ad ottobre viaggiava in area 4,25%. Nel giro di neppure dieci mesi, il rendimento era aumentato di oltre due volte e mezza. A metà settimana, però, risultava sceso sotto il 3,50%. Tre quarti di punto in meno in circa un mese e mezzo.

La marcia si è interrotta e sembra che la discesa sia destinata a proseguire.

Giù anche rendimenti e spread

Questo trend sta influenzando i rendimenti nel resto del mondo. Guardate all’Italia. Il BTp a 10 anni ad ottobre sfiorava il 4,90%, mentre questa settimana è sceso fin sotto il 3,60%. E nel frattempo, lo spread con i Bund si è ristretto da un massimo di 250 a 185 punti base. Cos’è successo al T-bond e, di riflesso, al resto del mercato mondiale?

La Federal Reserve ha alzato i tassi d’interesse fino al 4% a inizio novembre. Man mano che il costo del denaro negli Stati Uniti sale, si avvicina il punto di arrivo, la meta dell’istituto. Essa è intravista al 5% attualmente. L’inflazione americana ha iniziato a scendere, pur restando elevata. Ciò sta convincendo gli investitori che la stretta monetaria sia prossima alla fine. In effetti, il dollaro stesso si sta indebolendo su tale scenario.

Curva T-bond invertita

La curva dei T-bond si è anche invertita ai massimi dal 1981. Ormai, il rendimento a 2 anni risulta essere superiore al rendimento a 10 anni di oltre 80 punti base o 0,80%. Questo sarebbe anche un chiaro segnale di recessione in arrivo per l’economia americana. E con essa, ci sarebbe il taglio dei tassi. Tuttavia, ad oggi non esistono indizi sufficienti per carpire un simile andamento negativo del PIL. Anzi, l’occupazione resta solida e sfida le previsioni degli analisti.

Cosa significa questo trend dei T-bond per il resto dell’obbligazionario mondiale? I tassi sono saliti verosimilmente a sufficienza e, anzi, nei mesi appena trascorsi avevano scontato uno scenario più restrittivo di quello adesso atteso. I rendimenti stanno scendendo perché le principali banche centrali continueranno sì ad alzare i tassi, ma non di troppi punti percentuali rispetto ai livelli già raggiunti. Un po’ di disinflazione la porterà la stessa recessione, prevista soprattutto in Europa. Tra l’altro, il prezzo del petrolio sta “sgonfiandosi” sui mercati. La vera incognita nel Vecchio Continente resta il gas.

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