A febbraio di quest’anno, la Spagna emise nuovi Bonos a 50 anni, con scadenza 31 ottobre 2071 e cedola 1,45% (ISIN: ES0000012H58). La nuova scadenza di mezzo secolo sostituisce il bond luglio 2066, che offre una cedola ben superiore (3,45%), ma a fronte di una quotazione molto più alta, cioè a 154, nettamente sopra la pari. Del resto, quelle obbligazioni furono emesse in un contesto finanziario molto differente da oggi. Eravamo nel 2016 e, per quanto bassissimi furono in quei mesi i rendimenti sovrani nell’Eurozona, risultavano pur sempre più elevati dei livelli a cui sono sprofondati con la pandemia.

Il Bonos a 50 anni offre oggi un rendimento dell’1,93%. Si acquista, infatti, per soli 87,75 centesimi, decisamente sotto la pari. A titolo di confronto, il BTp 2072 si aggira su livelli di rendimento appena inferiori al 2,25%. Da un punto di vista storico, i rendimenti spagnoli su questa scadenza restano bassi. Dovete considerare che al loro debutto sul MoT di Borsa Italiana, il Bonos 2066 offriva il 3,10%, a premio di circa 100 punti base rispetto la scadenza a 30 anni.

Oggi, invece, il Bonos 2071 rende solamente 53 punti base in più del Bonos a 30 anni. Questo significa che il premio preteso dal mercato per acquistare debito spagnolo a mezzo secolo anziché trentennale si è dimezzato rispetto a 5 anni fa. La caccia al rendimento ha spinto gli investitori ad allungare la “duration” media di portafoglio, pur esponendosi maggiormente al rischio tassi.

Tornando ai livelli di premio del 2016 e considerando che prima della pandemia il bond a 30 anni fosse arrivato al 2,70%, possiamo immaginare tranquillamente che il rendimento a 50 anni si porti finanche al 3,5% o più in condizioni monetarie meno accomodanti. Sarebbe un disastro per il Bonos 2071, la cui quotazione collasserebbe ben più drasticamente di questi mesi. E’ stato emesso con cedola fin troppo bassa rispetto alle sue prospettive a medio-lungo termine.

Ad ogni modo, il principale rischio del Bonos a 50 anni non sarebbe neppure questo, quanto la scarsa liquidità degli scambi.

Sul MoT, questi hanno ammontato a un controvalore di appena 11 milioni di euro in 4 mesi. L’importo collocato sul mercato dal Tesoro di Madrid fu di 5 miliardi. Parliamo di poco più dello 0,2%, circa lo 0,05-6% al mese. Una miseria. A questi livelli, rivendere il titolo non sarebbe facile, almeno non ai prezzi in quel momento vigenti sul mercato. E ciò può infliggere perdite potenzialmente rilevanti nel caso si avesse fretta di riprendersi il capitale investito.

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