Sono arrivate buone notizie per i possessori di bond sovrani del Venezuela e della compagnia petrolifera statale PDVSA. In una manciata di sedute, i loro prezzi di mercato sono letteralmente schizzati. La scadenza 2027 emessa da Caracas è salita di circa il 70% a 19 centesimi e qualcosa di simile è accaduto per le obbligazioni societarie. Un boom che si spiega con il riallaccio del dialogo tra il regime di Nicolas Maduro e le opposizioni. Era una precondizione richiesta dall’amministrazione Biden per l’allentamento delle sanzioni finanziarie contro il paese andino.

Embargo petrolifero allentato

Sono state due le decisioni di Washington che hanno fatto scattare gli acquisti dei bond del Venezuela e PDVSA. La prima riguarda il settore petrolifero. Dopo anni, gli Stati Uniti hanno allentato l’embargo, consentendo a Caracas di estrarre ed esportare all’estero. Secondo le previsioni, nei prossimi mesi l’offerta salirà di 200 mila barili al giorno, una crescita di circa il 25% rispetto ai livelli attuali. Nulla di eclatante, ma almeno entreranno in cassa più dollari e ciò rende meno drammatico lo scenario sul default. Scattato a fine 2017, la ristrutturazione del debito non è stata possibile ad oggi proprio per carenza di riserve valutarie con cui ripagare i creditori esteri.

La seconda decisione favorevole ai bond del Venezuela e PDVSA riguarda, invece, la possibilità per alcune scadenze di essere negoziate sul mercato secondario. Agli inizi del 2019, l’amministrazione Trump impose il divieto di effettuare scambi su piattaforme internazionali, in reazione ai brogli elettorali registrati alla fine del 2018 e che permisero a Maduro di ottenere un secondo mandato. Tale embargo ha nei fatti tolto ogni possibilità al Venezuela di rifinanziarsi sui mercati internazionali, una volta azzerata la liquidità degli scambi.

Possibile trading bond sovrani e PDVSA

La riammissione al trading dei bond favorisce il loro acquisto a scopo speculativo. I fondi esteri potranno più agevolmente comprare titoli di stato e societari senza dover passare per offerte spesso ignote agli obbligazionisti e a condizioni penalizzanti.

Ovviamente, la fine del default è tutt’altro che dietro l’angolo. Sebbene il paese sia uscito dalla fase più acuta della crisi economica e finanziaria, versa in condizioni a dir poco devastanti. L’inflazione sfiorava a settembre il 318%, mentre il bolivar contro il dollaro vale semplicemente carta straccia. Le riserve restano bassissime e insufficienti persino per importare prodotti dall’estero.

Haircut bond Venezuela sarà pesante

Ciò detto, i bond di Venezuela e PDVSA trattano effettivamente a prezzi stracciati. Incorporano non solo la prospettiva di un default ancora prolungato, ma anche di un “haircut” pesantissimo. Il debito estero oggetto di rinegoziazione (mai avviata) con i creditori ammonta ad oltre 60 miliardi di dollari, circa sette volte il livello delle riserve (incluso l’oro). Quasi certo che ci sarà un forte taglio del valore nominale dei titoli e che un accordo arrivi solo con la fine dell’embargo, non proprio all’orizzonte negli Stati Uniti, che vanno ad elezioni tra un anno. L’allentamento di queste settimane mira ad aumentare l’offerta di petrolio mondiale, così da calmierarne un minimo i prezzi.

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