Unicredit ha collocato ieri sul mercato un bond per 1,25 miliardi di euro del tipo “Senior Preferred” e con scadenza a 6 anni, richiamabile dopo 5 anni. L’offerta ha registrato ordini per oltre 2,5 miliardi da parte di 150 investitori istituzionali di tutto il mondo. Grazie all’abbondante domanda, il rendimento esitato è risultato inferiore a quello fissato in fase di “guidance”, scendendo da uno spread di 185 punti base a uno di 160 rispetto al tasso “mid-swap”. In particolare, la cedola è stata fissata all’1,25% e il prezzo esitato è stato di 99,563.

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Il bond prevede per la banca la facoltà di rimborsare il debito con un anno di anticipo, cioè dopo 5 anni dalla data di emissione. Se l’emittente non si avvarrà di tale facoltà, la cedola, corrisposta trimestralmente, per l’ultimo anno e fino alla scadenza sarà pari all’Euribor a 3 mesi, incrementato di 160 punti base. Allo stato attuale, corrisponderebbe all’1,2350%.

Dell’emissione si sono occupati la stessa Unicredit come Sole Book Runner e Lead Manager, ma anche Citi, Commerzbank, ING, Natixis, NatWest e UBS in qualità di Joint Lead Managers. Quanto al rating, è atteso in linea con quello dell’emittente, vale a dire “Baa1” per Moody’s, “BBB” per S&P e “BBB-” per Fitch. Il bond sarà quotato alla Borsa di Lussemburgo.

Caratteristiche del senior preferred

Vediamo adesso cosa significhi “senior preferred”. Trattasi di obbligazioni che hanno la precedenza, nel caso di “bail-in”, sia rispetto alle azioni, sia nei confronti alle altre obbligazioni “unsecured” e a quelle subordinate, per quanto concerne il rimborso. Dicevamo, ordini relativamente elevati. Certo, ma non esaltanti. Un anno fa, Unicredit emise un altro bond con cedola 1,25%, del tutto simile e di pari durata, ma registrando uno spread sul “mid-swap” di 155 punti base, grazie a un prezzo di collocamento di poco superiore a quello spuntato ieri e pari a 99,663.

In effetti, a fronte degli 1,25 miliardi allora offerti, gli ordini si attestarono a 4,3 miliardi, quasi il triplo.

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Quanto alla tipologia degli acquirenti, parliamo di fondi (76%), banche (19%) e assicurazioni/fondi pensione (3%). Interessante anche la provenienza degli investitori, per il 79% dall’estero: Francia (21%), Nord Europa (16%), Germania/Austria (12%) e Regno Unito (9%). Va detto che per il bond dello scorso anno, il 90% degli ordini risultò arrivare dall’estero. Dunque, nel confronto notiamo un leggero calo di interesse fuori dall’Italia, che ha ridotto la domanda complessiva rispetto all’offerta, esitando un rendimento di poco superiore.

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