La lira turca ha perso oltre mezzo punto percentuale contro il dollaro, salendo sopra il tasso di cambio di 19,65. Peggiore sorte è spettata alla Borsa di Istanbul, il cui principale indice azionario perdeva ieri fino a più del 7% nel corso della seduta, risalendo parzialmente la china nella seconda parte della giornata. Male anche i bond sovrani della Turchia. I cali, come vedremo, sono arrivati anche in questo caso fino al 7%. E’ l’effetto delle elezioni presidenziali e politiche di domenica. Nessuno dei due principali candidati ha ottenuto la maggioranza assoluta dei consensi per vincere, rendendosi necessario il ballottaggio per domenica 28 maggio.

Tuttavia, il presidente uscente Recep Tayyip Erdogan ha sfiorato il 50% e risulta in vantaggio di quasi quattro punti sul rivale Kemal Kiricdaroglu.

I mercati scontavano un’alta probabilità che vincesse quest’ultimo e possibilmente già al primo turno. I sondaggi sono stati smentiti e i bond della Turchia ne pagano lo scotto anche più di altri asset. In gioco c’è, infatti, il futuro della politica economica di Ankara. Con Erdogan ancora in sella assisteremo probabilmente a tassi bassi, inflazione alta a lungo e una drammatica svalutazione della lira turca per evitare il prosciugamento delle riserve valutarie. Tutti elementi che destabilizzano l’assetto finanziario domestico e che accrescono il rischio di credito.

Il bond della Turchia in dollari a 5 anni, scadenza 15 gennaio 2028 e cedola 9,875% (ISIN: US900123DF45) crollava ieri da oltre 105 ad appena 100,36. Il rendimento saliva così nuovamente sopra la soglia del 10%. Il decennale con scadenza 19 gennaio 2033 e cedola 9,375% (ISIN: US900123DG28) passava da 104,31 a 98,87 centesimi. In questo caso il rendimento superava l’8%. E il titolo ultra-ventennale con scadenza 17 febbraio 2045 con cedola 6,625% (ISIN: US900123CG37) crollava dagli 81,73 centesimi della chiusura di venerdì scorso a 75,10 centesimi, segnando un pesante -7% e vedendo anche in questo caso balzare il rendimento vicino al 10%.

Bond Turchia in valuta estera a rischio di credito con svalutazione lira

Ci sarà parecchia volatilità sul mercato turco nelle prossime settimane.

Da qui al 28 sarà uno stillicidio di sondaggi, che anche sulla base di quanto accaduto domenica scorsa andranno presi con il beneficio del dubbio. Anche dopo, comunque, il saliscendi appare inevitabile. Cosa farebbe Kiricdaroglu subito dopo una sua eventuale vittoria con un Parlamento in cui è stata riconfermata la maggioranza uscente pro-Erdogan? Davvero l’attuale opposizione esordirebbe con provvedimenti impopolari come un maxi-rialzo dei tassi d’interesse e la svalutazione della lira? Ed Erdogan stesso proseguirebbe come negli ultimi anni o sarebbe costretto ad apportare qualche cambiamento alla sua linea di politica economica rivelatasi tragica per i cittadini?

Che anche i bond della Turchia in valute estere risentano delle tensioni politiche, è comprensibilissimo. La svalutazione della lira turca, ad esempio, avrebbe contraccolpi su di essi. Ne aumenterebbe il costo per lo stato, accrescendo il rischio di credito. D’altra parte, essa servirebbe ad evitare che le riserve valutarie si azzerino del tutto e non ci siano in futuro dollari a sufficienza anche solo per pagare le cedole. Dunque, senza svalutazione salirebbe il rischio default nel medio termine. Soluzioni facili non ne esistono per uscire dall’alta inflazione in cui la Turchia è rimasta incagliata da qualche anno a questa parte, trainata dal collasso valutario.

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