Dalla Turchia questa settimana sono arrivate due notizie importanti. La prima è che i candidati alle elezioni presidenziali del 14 maggio saranno quattro. Il più temibile per l’uscente Recep Tayyip Erdogan è Kemal Kiricdaroglu, a capo di una coalizione eterogenea di sei partiti e dato nettamente in testa nei sondaggi. La seconda è di natura economica. La Banca Centrale Turca ha invitato le banche commerciali a ridurre gli strumenti che accrescono la domanda di dollari, come i contratti derivati. E ha al contempo eliminato il tetto al tasso d’interesse massimo applicato sui depositi garantiti in lire turche.

Questi sono stati varati nel dicembre 2021 per arrestare la caduta del cambio. Garantiscono ai risparmiatori tassi d’interesse non inferiori all’eventuale deprezzamento della lira contro le valute straniere. Il tasso minimo non può risultare inferiore al tasso fissato dalla banca centrale e oggi all’8,5%.

Questa novità mira a sostenere la lira prima delle elezioni. Il cambio contro il dollaro ha superato la soglia di 19 e perde quasi un quarto del suo valore nell’ultimo anno. Ma i bond turchi in dollari non stanno risentendo di questa situazione, se è vero che la scadenza a 5 anni ha messo a segno un rialzo del 5% in appena cinque settimane. Il quinquennale (ISIN: US900123CQ19) ha toccato la quotazione di 90 centesimi. Ai minimi di metà luglio scorso, era sceso ad appena 75 centesimi. In otto mesi e mezzo, è risalito del 20%.

Bond turchi in dollari a rischio con svalutazione lira

Certo, la volatilità della lira non ha effetti diretti sui bond turchi in valute straniere. D’altra parte, questi sono acquistati proprio per neutralizzare o minimizzare il rischio di cambio. Quello di cui il mercato starebbe tenendo poco in considerazione è che un debito estero diventa meno sostenibile in uno scenario di svalutazione. E Bank of America prevede che, chiunque vinca le prossime elezioni, la lira turca sarà svalutata contro il dollaro tra il 15% e il 25%.

Il tasso di cambio di equilibrio, sostiene, sarebbe di 24 a 1. Non è quello che vorrebbe sentirsi dire chi ha acquistato bond turchi a 5 anni con rendimenti di quasi l’8,60%, cioè a premio di soli 490 punti sul T-bond quinquennale.

In pratica, il rischio svalutazione non è scontato in queste cifre. Come se una lira debole non avesse nulla a che vedere con la solvibilità del debito pubblico di Ankara. Sappiamo che non è così, per quanto questo sia basso rispetto al PIL. Anche perché sinora la difesa della lira è andata a discapito delle riserve valutarie, che al netto degli swap e dei debiti, risultano scese sottozero. Dunque, non ci sarebbero sufficienti dollari per pagare i bond turchi denominati in valuta estera nel caso di emergenza.

L’unica speranza è che dopo le elezioni, che vinca Erdogan o Kiricdaroglu, la banca centrale sarà lasciata più autonoma nella gestione della politica monetaria. Ed è forse quanto segnalano i bond turchi in valuta locale. I rendimenti a breve sono nettamente superiori sia a quelli a lungo, sia ai tassi ufficiali. Ciò implicherebbe che il mercato stia scontando un rialzo dei tassi dopo la follia dei tagli con un’inflazione esplosa fino all’85%.

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