Si terranno il prossimo 14 maggio le elezioni presidenziali e per il rinnovo del Parlamento in Turchia. Il presidente Recep Tayyip Erdogan corre per un nuovo mandato, quando già è al potere da oltre venti anni in qualità di premier e dal 2014 di capo dello stato. Ma c’è una novità a questo giro. Le opposizioni si sono unite sotto un unico candidato per porre fine al suo strapotere personale. A sfidarlo per il cosiddetto “Tavolo dei sei” sarà Kemal Kiricdaroglu, 74 anni, già funzionario statale ed economista.

E i bond della Turchia in dollari avanzano sui mercati sulla prospettiva credibile che Erdogan possa perdere realmente le elezioni stavolta.

Bond Turchia su con possibile sconfitta di Erdogan

Il bond con scadenza 24 ottobre 2028 e cedola 6,125% (ISIN: US900123CQ19) è risalito di prezzo dagli 86,68 centesimi del 6 marzo scorso, giorno dell’annuncio dell’intesa tra le opposizioni, agli 89,76 di ieri. Il rendimento lordo è sceso all’8,63%. C’è da dire, però, che il rally era iniziato un mese fa sul calo dell’inflazione oltre le attese e da allora il quinquennale turco guadagna il 5,5%.

Meglio ha fatto il bond della Turchia, sempre in dollari, con scadenza 20 settembre 2033 e cedola 6,5% (ISIN: US900123DD96). In un mese, guadagna il 10% e dall’intesa tra le opposizioni ad Erdogan mette a segno un +5%. Il decennale rendeva ieri l’8,87%. I guadagni dell’obbligazionario riflettono la speranza del mercato per una gestione più efficiente dell’economia. In particolare, Kiricdaroglu ha promesso di ridare fiato alla lira turca, in caduta libera da anni. Scambia ormai a più di 19 contro il dollaro, perdendo il 22,5% in un anno, il 57% in due anni e il 90% in dieci anni. E dire che la banca centrale continua a difendere il tasso di cambio.

Erdoganomics tra iper-inflazione e crisi lira turca

Il problema è dato proprio dalla politica monetaria dell’istituto, costretto da Erdogan a tenere i tassi d’interesse a livelli molto bassi (8,5% attuale) per stimolare il credito e l’economia.

Con il risultato che il governatore Sahap Kavcioglu ha perso il controllo della stabilità dei prezzi. L’inflazione è esplosa fino a sopra l’85% nei mesi scorsi, rallentando al 55% di febbraio. Secondo analisi indipendenti, però, il tasso d’inflazione reale sarebbe oltre il doppio. E poi c’è stato il devastante terremoto che ha colpito un mese e mezzo fa il sud della Turchia, provocando oltre 46.000 vittime. In sostanza, la posizione di Erdogan si è fatta assai delicata. Il suo successore elettorale in venti anni è stato garantito dalla capacità di assicurare progresso al ceto medio, il quale negli ultimi tempi si è impoverito con il boom dell’inflazione e il crollo della lira turca.

Ma i bond della Turchia stanno probabilmente confidando su uno scenario tutt’altro che scontato. Sebbene i sondaggi assegnino a Kiricdaroglu un forte vantaggio su Erdogan, non va mai sottovalutata l’abilità di quest’ultimo di manovrare il potere a suo favore. Tra le opposizioni unite non c’è l’HDP, il partito filo-curdo di Selahattin Demirtas, in carcere per presunte relazioni con organizzazioni terroristiche. Ma i giudici potrebbero presto decidere la scarcerazione dell’uomo, nonché di riammettere l’HDP ai finanziamenti per consentirgli di correre alle prossime elezioni. A che pro? Al fine di presentare una candidatura divisiva delle opposizioni, in grado di attirare consensi a doppia cifra tra le file di Kiricdaroglu. Ieri, però, la doccia fredda per Erdogan: l’HDP ha annunciato che non presenterà un proprio candidato alle elezioni. Sarà davvero così o ci saranno cambiamenti di idee all’ultimo minuto?

Tra l’altro, l’avversario di Erdogan è un leader senza mordente e a capo di una coalizione eterogenea con l’unico obiettivo di scalzare il presidente dal potere.

Essa va dalla sinistra kemalista di CHP alla destra nazionalista di IYI. Anche nel caso di vittoria, la politica economica del nuovo governo sarebbe tutto un mistero e dovrebbe fare i conti con un Parlamento in cui gli islamico-conservatori dell’AKP di Erdogan presumibilmente confermeranno almeno la maggioranza relativa dei seggi. La fine dell’Erdoganomics sembra tutt’altro che vicina.

[email protected]