E’ andata alla grande la prima emissione delle obbligazioni Sure dell’Unione Europea, i cui proventi sono destinati a finanziare le casse integrazioni negli stati comunitari. Nel dettaglio, ieri Bruxelles intendeva collocare sul mercato tra 10 e 15 miliardi di euro di un bond in due tranche: una a 10 anni e l’altra a 20 anni. La domanda è stata così alta, che alla fine la UE si è convinta ad emettere 17 miliardi, cioè oltre il massimo della forchetta prevista. In particolare, la scadenza 4 ottobre 2030 ha raccolto ordini per 145 miliardi ed è stata offerta per 10 miliardi.

La scadenza 4 ottobre 2040, invece, ha attirato 88 miliardi ed è stata emessa per un importo di 7 miliardi.

Quanto ai rendimenti esitati, la tranche decennale si è attestata a +3 punti base sopra il tasso “midswap”, mentre quella ventennale a +14 bp. Questo dovrebbe significare, leggendo il grafico dei tassi di mercato, che la UE si è rifinanziata sul tratto a 10 anni al -0,25% e su quello a 20 anni allo 0,11%. In altre parole, da questa prima emissione Bruxelles non sosterrà complessivamente alcun costo, se è vero che riceverà dagli investitori la media di 25 milioni di euro all’anno per il suo debito decennale e ne verserà appena 7,7 milioni agli acquirenti del debito ventennale. Al netto, guadagnerà più di 17 milioni di euro all’anno.

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Quella di ieri è stata la prima di svariate emissioni, fissate per complessivi 100 miliardi di euro. Ad essersene occupate sono state Barclays, BNP Paribas, Deutsche Bank, Nomura e Unicredit. Ricordiamo che le obbligazioni emesse dalla UE godono del massimo giudizio delle agenzie di rating, cioè l’ambita tripla A. Esso le viene assegnato grazie all’estrema solidità fiscale di alcuni dei suoi stati membri, cioè Germania, Olanda, Lussemburgo, Svezia e Danimarca, tutti con il più alto rating delle agenzie internazionali.

Bond Sure non ancora all’altezza del Bund

Il bond Sure non si presta chiaramente ad essere un titolo attrattivo per chi volesse percepire un minimo rendimento. Al contrario, è appannaggio degli investitori istituzionali, che per ragioni regolamentari e prudenziali devono inserire in portafoglio assets della massima qualità, pur a fronte di rendimenti negativi. Esso avrà conseguenze sui mercati obbligazionari europei, perché da “safe assets” farà concorrenza ai Bund, in particolare. I titoli di stato tedeschi fungono da “benchmark” per tutti gli altri e, però, da oggi dovranno fare i conti con il debito emesso dalla UE in nome degli stati membri.

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Ad ogni modo, i Bund restano di gran lunga più cari del bond Sure. Ieri, sul tratto a 10 anni offrivano un rendimento del -0,62% e su quello a 20 anni del -0,40%. Questo significa che il mercato non ha percepito i nuovi titoli comunitari esattamente così a basso rischio quanto quelli tedeschi, non fosse altro che per il fatto di essere garantiti anche da creditori non così solidi come la Germania. L’Italia, ad esempio, è ad un passo dal rating “spazzatura”, mentre la Grecia lo è già da anni. Ma l’aspetto interessante riguarda l’opportunità per Bruxelles di indebitarsi a favore degli stati membri senza neppure accollarsi alcun costo. In vista delle ben più corpose emissioni per finanziare il Recovery Fund, si tratta di un’ottima notizia.

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