E’ arrivata ieri l’emissione del nuovo bond “inflation-linked” del Regno Unito. Il collocamento è stato gestito dallo United Kingdom Debt Management Office (DMO). L’importo offerto è stato di 4,5 miliardi di sterline (circa 5,06 miliardi di euro) per la scadenza nel 2045, a fronte del quale sono giunti ordini record per 46 miliardi (51,69 miliardi di euro). Il 93% della domanda è arrivata da investitori domestici, a conferma della natura nazionale di questo genere di emissioni. Infatti, il bond offre agli investitori un rendimento dello 0,6543%, che va ad aggiungersi al tasso d’inflazione retail britannico.

Il tema è particolarmente sentito a Londra. A marzo, l’inflazione è risultata del 10,1% su base annua. Contrariamente all’Area Euro, quindi, il Regno Unito continua a registrare una crescita tendenziale dei prezzi al consumo in doppia cifra. Ciò costringerà la Banca d’Inghilterra a continuare ad alzare i tassi d’interesse anche ai prossimi appuntamenti del board. A marzo, sono stati portati al 4,25%. I tassi di riferimento della Banca Centrale Europea, invece, sono ad oggi al 3,50%.

Il bond “inflation-linked” ha offerto un rendimento a premio di 3,75 punti base sulla scadenza del 2044 in circolazione sui mercati. L’alta domanda si deve probabilmente anche all’annuncio del governo che le emissioni di debito pubblico per quest’anno saranno tagliate di 3,3 miliardi di sterline rispetto alle previsioni di marzo. E’ evidente, comunque, come i sudditi di Sua Maestà stiano correndo a proteggersi contro un’inflazione ancora troppo alta e che a questi livelli non si vedeva da diversi decenni.

Bond inflation-linked sopravvalutato?

Questo genere di obbligazioni è appetibile anche per i fondi d’investimento. Trattasi degli stessi che mandarono KO il mercato sovrano nell’autunno scorso, dopo la presentazione del “mini-budget” da parte dell’allora premier Liz Truss, costretta a dimettersi ad un mese e mezzo dal suo insediamento per le tensioni finanziarie scatenate dal suo piano fiscale in deficit.

Da allora, sterlina e bond si sono ripresi alla grande. Il rendimento del trentennale era esploso al 4,80%, successivamente è sceso fino a un minimo del 3,30% per risalire in area 4,15%.

Dal confronto tra il bond “inflation-linked” e il bond a 20 anni con cedola fissa, emerge che il mercato sconti un’inflazione media annua del 3,45% per il prossimo ventennio. Sembra essere un ritmo molto elevato per un’economia come quella britannica. Per questa ragione è possibile che i prezzi del titolo da poco emesso scendano prossimamente, in relazione a quelli esitati dai bond ordinari. Per un investitore dell’Area Euro, poi, esiste il rischio di cambio da considerare. Se la sterlina si deprezzasse contro la moneta unica in futuro, il valore delle cedole e del capitale si ridurrebbe per esso.

[email protected]