La Grecia ha compiuto passi notevoli dopo la pesantissima crisi economica e finanziaria subita nel decennio scorso e a segnalarlo sono i rendimenti stessi dei suoi bond. Oggi, ad esempio, la scadenza a 10 anni offre circa 10 punti base (0,10%) in meno del BTp di pari durata. Sembrava impossibile anche solo immaginarlo fino a poco tempo fa. Ma non è l’unico tratto della curva in cui i bond della Grecia fanno meglio. Anzi, se allunghiamo lo sguardo sul tratto più lungo, ci accorgiamo che lo spread aumenta e a sfavore dell’Italia.

Un caso eclatante è dato dal titolo ventennale, in realtà ancora trattato come “benchmark” a 25 anni: scadenza 30 gennaio 2042 e cedola 4,2% (ISIN: GR0138015814). La sua quotazione attuale è superiore a 151, per cui offre un rendimento annuale dell’1,29%. Pensate che il ventennale italiano, con scadenza nel 2041, oggi rende l’1,58%, cioè una trentina di punti base in più.

Solamente due anni fa, il bond della Grecia quotava in area 105 e da allora segna, pertanto, un rialzo di quasi il 45%. Al tempo, offriva ancora un rendimento del 3,75%, che si confrontava con il 2,95% del BTp. Lo spread era di 80 punti base a favore dell’Italia. Il rapporto tra i due titoli si è capovolto. Atene ha un debito pubblico per oltre l’80% in mano ai creditori pubblici, mentre l’Italia è esposta quasi interamente verso i mercati. In prospettiva di un rialzo dei tassi, questa differenza rileva a beneficio del debito ellenico.

Quanto ai rating, tutte le agenzie di valutazione classificano i bond della Grecia come “non investment grade” o “spazzatura”. Tuttavia, il trend è rialzista anche qui. Adesso, mancano due gradini, affinché S&P e Fitch li facciano tornare in area “investment grade”. Se non fosse stato per la pandemia, probabile che ciò sarebbe avvenuto già nei prossimi mesi. Gli analisti ritengono che possa verificarsi nel medio termine, grazie alle rassicurazioni della BCE.

Sul Mercato obbligazionario Telematico di Borsa Italiana, questo titolo è negoziabile sin dal 2018. Nei primi 5 mesi di quest’anno, risulta essere stato scambiato per un controvalore di 12 milioni di euro, pari a poco più di 22.000 euro per contratto. Liquidità praticamente nulla rispetto ai 4,6 miliardi di euro dell’emissione. Questo aspetto costituisce un rischio per l’obbligazionista. Chi acquista, difficilmente riesce a rivenderlo prima della scadenza in tempi celeri e ai prezzi desiderati. Un problema che i BTp non hanno, fungendo persino da riferimento per l’intero mercato del Sud Europa.

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