La sorpresa c’è stata, ma non s’è vista sui mercati. Ieri, la Banca Centrale Europea (BCE) ha annunciato di avere alzato i tassi d’interesse dello 0,50%, il doppio di quanto previsto da analisti e investitori alla vigilia. Malgrado le forti tensioni finanziarie legate ai crac di due banche americane e alla vicenda Credit Suisse, Francoforte non ha indietreggiato rispetto alle sue posizioni di febbraio. Le ha mantenute in previsione di “un’inflazione troppo alta per un periodo prolungato”. Ciononostante, i bond dell’Eurozona non hanno risentito negativamente della notizia.

I rendimenti durante tutta la conferenza stampa di Christine Lagarde e dopo si sono mantenuti stabili. Lo stesso spread tra BTp e Bund a 10 anni è rimasto quasi invariato sopra 190 punti base.

Adesso, cerchiamo di capire le ragioni alla base di questa reazione, tutto sommato, tranquilla. Partiamo dal comunicato ufficiale post-board. La BCE si è detta pronta ad intervenire per tutelare la stabilità dei prezzi e “la stabilità finanziaria” nell’area. L’istituto ha rimarcato come il sistema bancario nell’Eurozona sia solido. Qualora ve ne fosse bisogno, Francoforte disporrebbe degli strumenti necessari a preservare la trasmissione ordinata della politica monetaria.

In soldoni, la BCE ha ribadito il suo impegno contro eventuali attacchi speculativi. Ed è sottinteso che ciò passerebbe eventualmente anche attraverso l’utilizzo dello scudo anti-spread varato nel luglio scorso, pur successivamente agli strumenti ordinari già previsti come il riacquisto dei bond con il PEPP. Ma questa non è la ragione principale per cui i bond nell’Eurozona hanno tenuto botta. Scompare nel comunicato il riferimento all’aumento “significativo” dei tassi d’interesse nei board successivi e in territorio “sufficientemente restrittivo”.

Bond Eurozona favoriti da cambio di approccio sui tassi

Al contrario, l’approccio per il futuro diventa “data dependent”, cioè legato all’andamento dei dati macro. E se a febbraio i rischi per l’economia erano percepiti “più equilibrati”, adesso sono intravisti “al ribasso”.

Questo implica che la BCE vede fosco sull’economia nell’Eurozona, una posizione che si confà ad un atteggiamento più prudente in politica monetaria. Dunque, le probabilità di ulteriori maxi-rialzi dei tassi appaiono molto basse. Ciò non significa che siamo alla fine della stretta, ma ci siamo avvicinati più di quanto pensassimo fino a pochi giorni fa. Lo stesso mercato sconta oramai solamente un altro rialzo dei tassi dello 0,25% entro settembre.

Infine, Lagarde si è appellata ancora una volta ai governi perché pongano fine, ove possibile, ai sostegni all’economia contro il caro bollette. Questi dovranno essere più che mai “mirati, temporanei e limitati”, onde favorire un calo dei consumi di energia e, quindi, anche dei prezzi e dell’inflazione. Il rischio, ha ribadito il governatore ancora una volta, sarebbe altrimenti che la BCE debba compiere maggiori sforzi per tendere al target d’inflazione.

Al termine della conferenza stampa, il BTp a 10 anni scendeva in area 4,05% e lo spread con il Bund verso 190 punti. In rialzo anche le borse europee, che ieri hanno vissuto una seduta altalenante. Insomma, il mood emerso dal board della BCE è stato complessivamente positivo per i bond dell’Eurozona. A Francoforte hanno chiaro che si pone un problema di liquidità per le banche. E per il momento non è passato l’appello della Bundesbank ad accelerare il taglio dei riacquisti dei bond acquistati con il Quantitative Easing. Resta fissato a 15 miliardi di euro al mese fino a giugno. Dopo si vedrà.

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