E alla fine, l’Austria ha optato per emettere una nuova tranche del bond 2117, già presente sul mercato sin dal settembre 2017 e che già per 3 volte era stato offerto al mercato nel corso del 2018. Ieri, il governo di Vienna ha emesso titoli per un controvalore nominale di 1,25 miliardi, ma raccogliendo ordini per 5,3 miliardi, cioè oltre 4 volte in più. Già, perché per quanto bassa possa considerarsi la cedola del 2,10%, essa si è mostrata parecchio generosa, considerando che nel frattempo il rendimento del bond è sceso di circa 100 punti base dal suo battesimo di nemmeno 2 anni fa.

E, in effetti, quello esitato ieri è stato di appena l’1,17%.

L’Austria e il bond a 100 anni all’1%, prova di una follia che può far saltare l’euro

Pensate che la cedola equivale al rendimento oggi offerto da un BTp a 10 anni, mentre il rendimento complessivo a un BTp a 4,5 anni. In sostanza, l’Austria è avanti di oltre 90 anni rispetto all’Italia, nonostante confini al nostro nord. E dire che lo stesso mercato avesse previsto un rendimento ancora più basso per il bond con durata residua di 98 anni.

L’aspetto più interessante sta nei prezzi di emissione: 154. Ciò significa che l’investitore ha dovuto spendere 154 per acquistare un titolo che tra un secolo verrà rimborsato a 100. A conti fatti, la stessa cedola, una volta rapportata al capitale investito, crolla dal 2,10% nominale all’1,36%. E quasi altri 20 punti base se li mangia la minusvalenza accusata alla scadenza. Il governo, invece, può festeggiare, perché a fronte di un indebitamento nominale di 1,25 miliardi, grazie all’emissione ben sopra la pari, ha potuto incassare circa 1,92 miliardi, per cui dispone di quasi 700 milioni in più da utilizzare eventualmente per abbattere le emissioni di nuovo debito, perpetuando quel circolo virtuoso, per cui meno paga per gli interessi, meno spende, minori esigenze di rifinanziamento segnala e più incassa.

Perché l’Austria può sfruttare ancora il bond a 100 anni

E’ stato quasi naturale non avere emesso un nuovo bond secolare, perché non avrebbe avuto senso creare una nuova scadenza così lontana, quando già se ne dispone una nel 2117. E Vienna potrà fare affidamento ancora di più su questo bond, puntando sia ad allungare la vita media del suo debito dai 10 anni attuali, sia a continuare a spendere ugualmente meno in interessi dal 2% medio attuale. Anzi, proprio l’eventuale segnalazione agli investitori che si starebbe puntando su scadenze lunghissime per consolidare il debito avrebbe un effetto ancora più tonificante per i titoli austriaci, in previsione di una loro minore esposizione alla volatilità futura sui mercati.

I rischi del BTp con cedola alta, ecco la grande minaccia al rendimento

Per giunta, tutti gli investitori istituzionali nel mondo sono a caccia di rendimento e ad oggi l’unico grande mercato avanzato che lo offre loro è l’Italia. Ma i nostri BTp hanno un rating troppo scarso e a rischio di essere declassato a “spazzatura” dalle agenzie internazionali, mentre l’Austria vanta il giudizio “AA+” per S&P e Fitch e “Aa1” per Moody’s. Non siamo alla massima valutazione, ma certamente è carta di alta qualità e la Germania, ad esempio, non offre Bund così longevi. Non esiste oggi un rendimento superiore all’1% per un bond in euro con rating in classe “A”, per cui vanno bene pure le scadenze ultra-long, pur di incassare una cedola effettiva in area 1,35%. E con questi chiari di luna, qualcuno troverà modo di guadagnare anche in poco tempo rivendendo i bond austriaci a prezzi ancora più alti.

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