La Russia emetterà un nuovo Eurobond dopo i due del novembre scorso. Lo ha reso noto il vice-ministro delle Finanze, Timur Maksimov, che si è detto sicuro che “dopo la tempesta tornerà la calma”, riferendosi alle recenti tensioni geopolitiche con gli USA e i loro inevitabili contraccolpi sui mercati finanziari. Per quest’anno, Mosca prevede di raccogliere capitali all’estero per 3 miliardi di dollari, all’incirca lo stesso importo che riesce a garantirsi sul mercato domestico in un paio di settimane.

Nel 2020, il governo federale ha emesso OFZ, titoli di stato in rubli, per 5.300 miliardi (59,83 miliardi di euro) e per quest’anno stima di raccoglierne altri 3.700, sebbene stia ipotizzando di ridurre il piano delle emissioni di 700 miliardi, così da mantenere il rapporto debito/PIL intorno al 20%.

Nei giorni scorsi, la tensione tra Casa Bianca e Cremlino è salita alle stelle dopo le dichiarazioni del presidente americano Joe Biden, che rispondendo a un giornalista ha definito Vladimir Putin “assassino”. Questi ha richiamato l’ambasciatore russo negli USA per colloqui. Il “gelo” rischia di lambire la sfera finanziaria, quando già oggi gli USA vietano alle società americane di acquistare direttamente Eurobond russi. Il timore nutrito dagli investitori è che le sanzioni possano essere inasprite sul rapporto dell’intelligence USA, secondo la quale la Russia avrebbe interferito anche alle elezioni presidenziali del 2020 per favorire la rielezione di Donald Trump.

Buy, buy Russia: perché ora i suoi bond sono da comprare e le opportunità in rubli, euro e dollari

Lo scontro con Biden non aiuta i bond russi

Gli Eurobond sono titoli di stato denominati in valute forti straniere. Maksimov non ha spiegato se l’emissione sarà in dollari o euro. Quello che sappiamo è, però, che queste obbligazioni piacciono agli investitori per via dei rendimenti relativamente generosi offerti. Ad esempio, il bond in dollari con scadenza 31 marzo 2030 e cedola 7,5% (ISIN: XS0114288789) rende oggi il 5,13%, ben più dell’1,70% a cui si aggira l’omologo Treasury.

Un premio di oltre 340 punti base, che per un investitore dell’Eurozona sarebbe più che capace di coprire dal rischio di cambio atteso, pur a fronte di un ben maggiore rischio di credito.

Resta il fatto che proprio le tensioni con l’Occidente non giovino alla stabilità dei mercati. Peraltro, a settembre di quest’anno si terranno le elezioni per il rinnovo della Duma e i sondaggi assegnano al partito di Putin una percentuale fin troppo bassa (30%) per ambire alla maggioranza assoluta dei seggi. Se così, gli analisti temono che serviranno massicci brogli elettorali per consentire al Cremlino di continuare a godere di un potere legislativo alle proprie dipendenze, con il rischio che lo scontro interno si accentui, quando già si mostra teso per il caso Aleksey Navalny, l’oppositore avvelenato e incarcerato al suo ritorno all’ospedale in Germania.

Infine, la questione petrolio. Le quotazioni, che eppure hanno perso il 10% nel corso della settimana scorsa, sono risalite nettamente quest’anno e in queste ore si aggirano sopra i 64 dollari per ogni barile di Brent. Il loro rialzo favorisce sia la ripresa del rublo, sia la riduzione del deficit fiscale, anche perché il bilancio per quest’anno è stato approvato su una previsione media di 45 dollari. Ma i pessimi rapporti con Washington stanno fortemente limitando i guadagni di bond e cambio. E, infatti, venerdì scorso la Banca di Russia ha alzato i tassi dello 0,25% al 4,50%, la prima stretta dalla fine del 2018.

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