Lo spread tra BTp e Bund a 10 anni è sceso nella giornata di ieri fino a un minimo di 97,70 punti base, per la prima volta sotto quota 100 da un mese. Il rendimento a 10 anni è rimasto sostanzialmente stabile allo 0,68%. A offrire sostegno ai nostri titoli di stato ha concorso in misura determinante l’asta di ieri con cui il Tesoro ha raccolto BTp per un controvalore di 5,75 miliardi di euro, il massimo della forchetta (4,25-5,75 miliardi) fissata.

Nel dettaglio, sono stati emessi BTp a 3 anni al -0,27% (-7 punti rispetto all’asta di agosto), a 7 anni allo 0,32% (-6 punti) e a 30 anni all’1,69%.

Il buon esito dell’asta ha creato il buon umore tra gli obbligazionisti, che si stanno avvicinando da mesi all’Italia tra governo Draghi e rimbalzo del PIL in corso.

Lo spread scende dal board BCE

Ma il grafico dello spread ci segnala che la discesa è iniziata dallo scorso giovedì, quando la BCE ha annunciato la riduzione degli acquisti settimanali di bond con il PEPP, al contempo definendola “moderata”. Il mercato ha desunto che non vi sia nell’aria alcuna svolta monetaria a Francoforte, dove l’istituto si terrà ultra-espansivo finché l’economia nell’Eurozona non si sarà messa definitivamente alle spalle la pandemia.

Il PEPP beneficia particolarmente i BTp e contiene lo spread, grazie alla flessibilità con cui il programma può condurre gli acquisti di bond sovrani. Il mercato ha smesso di scommettere contro i titoli di stato italiani, consapevole che Francoforte avrebbe adesso gli strumenti per intervenire a loro sostegno incondizionatamente e prontamente. Per questo, si accontenta di uno spread in area 100 punti per fronteggiare il maggiore rischio di credito teorico e, soprattutto, la volatilità relativamente elevata che li caratterizza.

A metà febbraio, in coincidenza con l’ingresso di Mario Draghi a Palazzo Chigi, lo spread era arrivato a scendere sotto 90 punti.

Da allora, tuttavia, le prospettive monetarie si sono fatte più restrittive con l’uscita graduale dell’Eurozona dalla crisi pandemica. Gli investitori hanno scontato una normalizzazione monetaria, pur facendo retromarcia dal maggio scorso tra variante Delta e la consapevolezza che la ripresa delle economie non sarà immediata e necessiterà di sostegno fiscale e monetario ancora a lungo.

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