La BCE ha tenuto i tassi d’interesse invariati, mentre ha rallentato gli acquisti di bond con il PEPP al board di giovedì scorso. L’annuncio era scontato sui mercati, tant’è che la reazione è stata positiva tra gli investitori: lo spread BTp-Bund a 10 anni, ad esempio, è sceso in prossimità dei 100 punti base. Avremmo immaginato che sarebbe salito. E’ accaduto il contrario. E non è stato un caso.

Il linguaggio usato da Francoforte per l’occasione è stato “dovish”. Nell’annunciare la modifica del PEPP, l’istituto ha precisato che il taglio degli acquisti di bond sarà “moderato”.

E ciò è stato approvato “all’unanimità”. Quali possibili implicazioni per l’Italia? Partiamo da dati certi: in estate, la BCE ha acquistato titoli di stato per un controvalore mensile superiore agli 80 miliardi di euro. All’Italia è spettata una quota media di 13 miliardi.

Minori acquisti di bond, ma in calo anche il deficit

Tenuto conto anche degli acquisti di BTp tramite il “quantitative easing”, in tutto gli acquisti di bond italiani da parte della BCE sono arrivati a un dato annualizzato di 180 miliardi. Parliamo di oltre il 10% del PIL pre-Covid. Di fatto, Francoforte da inizio pandemia ha monetizzato tutte le emissioni nette di debito nell’area, comprese quelle di Roma. Con il rallentamento, il dato complessivo certamente si ridurrà. Tuttavia, non si sta trattando di “tapering” per il momento, cioè il PEPP rimane della stessa entità potenziale massima dei 1.850 miliardi entro il marzo 2022, così com’è stato concepito nei mesi scorsi.

Il governatore Christine Lagarde ha parlato di “ricalibratura”. Ed è importante che non sia stata fornita una nuova cifra a cui tendere nel nome della “flessibilità” in fase di acquisti di bond. Questo significa che all’occorrenza la BCE avrebbe modo di incrementare questi ultimi. Peraltro, nei prossimi trimestri le emissioni nette di bond scenderanno un po’ ovunque.

Il deficit fiscale dell’Italia dovrebbe dimezzarsi al 6% nel 2022. In valore assoluto, dovremmo aspettarci un calo intorno ai 100 miliardi o 8-9 miliardi al mese.

E i mercati stanno scontando un altro scenario: il PEPP finirà nel marzo prossimo, salvo ulteriori proroghe. Ma al suo posto saranno incrementati gli acquisti di bond con il QE, il cui importo mensile sarebbe innalzato a 40 o 60 miliardi. Nella sostanza, cambierebbe poco per un paese come l’Italia, salvo la maggiore rigidità del vecchio programma monetario, sebbene in passato anch’esso si sia rivelato sufficientemente flessibile per variare temporaneamente gli acquisti di bond del singolo paese nelle fasi di difficoltà.

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