Da Bangkok, dove ha partecipato a un evento organizzato dalla Banca Centrale della Thailandia e dalla Banca per i Regolamenti Internazionali, Christine Lagarde è tornata sul rialzo dei tassi. Il governatore della BCE ha spiegato che molti governi europei, specie dell’Area Euro, starebbero continuando a varare stimoli fiscali di sostegno alla domanda. Essi rischiano, ha proseguito, di tenere alta l’inflazione. E questo complicherebbe il compito di Francoforte, che si vedrebbe così costretta a un rialzo dei tassi più drastico.

La posizione di Lagarde non è isolata. Anzi, essa riflette perfettamente quella del Fondo Monetario Internazionale. Il suo direttore generale Kristalina Georgieva aveva dichiarato nelle scorse settimane che gli aiuti a famiglie e imprese contro il caro bollette di questi mesi devono essere mirati e limitati nel tempo. Il rischio paventato dall’istituto con sede a Washington è che le politiche di sostegno finiscano per tenere alta la domanda e, quindi, per prolungare la durata dell’alta inflazione.

Lagarde ha fatto appello ai governi, affinché le loro politiche fiscali siano coerenti con la politica monetaria della BCE. In altre parole, non ci può essere rialzo dei tassi in un ambiente di forte indebitamento. Il caso più eclatante è stato nei mesi scorsi il Regno Unito. La decisione del precedente governo di Liz Truss di tagliare le tasse in deficit fu accolta dai mercati con la vendita copiosa di titoli di stato. La tempesta finanziaria che ne scaturì, portò alle dimissioni dell’esecutivo.

Rialzo dei tassi e spesa in deficit

L’avvertimento della BCE sembra chiaro e rivolto a gran parte dei paesi dell’euro. Non sarà possibile fare troppa spesa in deficit mentre l’istituto provvede al rialzo dei tassi d’interesse. Ciò finirebbe per gravare sui conti pubblici nazionali, aumentando la spesa per interessi e i rischi sovrani. I paesi più indebitati assisterebbero a un ampliamento degli spread e ciò provocherebbe la frammentazione dei mercati, con la conseguenza di rendere poco efficace la politica monetaria unitaria di Francoforte.

E poiché l’indebitamento in gran parte sta avvenendo per offrire sollievo contro il caro bollette, il rischio vero sarebbe che famiglie e imprese non taglino i rispettivi consumi di energia. In questo modo, però, la domanda di petrolio e gas rimarrebbe invariata e i prezzi non scenderebbero, frustrando la BCE. Essa sarebbe costretta ad alzare i tassi più in alto di quanto vorrebbe, pur di placare l’inflazione.

Il discorso di Lagarde può essere visto anche come una sorta di compromesso concesso a quei governi che nelle ultime settimane hanno criticato l’operato della BCE. Parliamo principalmente di Francia, Italia e Finlandia. Il baratto sarebbe il seguente: prudenza fiscale in cambio di un rialzo dei tassi non feroce. Tuttavia, se è vero che i governi non dovrebbero metter bocca nelle decisioni di politica monetaria, è altrettanto vero il contrario. Lo sconfinamento degli uni nel campo altrui rischia di alimentare confusione e timori sui mercati.

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