Lunedì, il presidente Alberto Fernandez ha firmato un decreto con il quale ha rinviato scadenze di pagamento per 9,8 miliardi di dollari, “congelandole” per tutto quest’anno. Si tratta di obbligazioni emesse sotto la legge argentina e denominate nella valuta americana, noti come Bonar per le medio-lunghe scadenze e Letes per quelle brevi. A seguito della decisione, Fitch ha tagliato il rating a “Default Restrittivo” da “CC” e S&P a “Default Selettivo” da “CCC-“. Qualche giorno prima, Moody’s aveva declassato il debito sovrano argentino a “Ca” da “Caa2”.

L’Argentina continua a trattare con i creditori, i bond sprofondano

Mancava semplicemente il sigillo ufficiale delle agenzie di valutazione, adesso è confermato che l’Argentina si stia avviando verso il suo terzo default in meno di 20 anni. Entro il 31 marzo scorso, il governo avrebbe dovuto trovare un accordo con i creditori privati internazionali su 83 miliardi di dollari di bond, a cui si sommano altri 44 miliardi di prestiti ricevuti dal Fondo Monetario Internazionale, lo stesso che suggerisce al mercato di accettare un taglio del debito fino al 40%.

Se la scadenza di marzo sembrava quasi impossibile da rispettare già in condizioni ordinarie, l’emergenza Coronavirus ha dilatato i tempi almeno di altri sei mesi, nel corso dei quali il governo cercherà di massimizzare il risultato, portando a casa uno sfoltimento pesante dei pagamenti per i prossimi anni e un allungamento della durata dei bond emessi sotto la legge americana. Del resto, l’economia è adesso in piena recessione, l’inflazione continua a viaggiare intorno al 50% e le riserve valutarie nette della banca centrale si attesterebbero solamente sui 12 miliardi di dollari.

Crollati i prezzi dei bond

Sembra un’era fa, ma sono passati meno di 3 anni da quando l’Argentina tornava in grande stile sui mercati internazionali con l’emissione del primo bond a 100 anni mai collocato da un paese in default.

La cedola fu piuttosto contenuta, data la situazione, al 7,125%. Oggi quel bond secolare è sceso a soli 29 centesimi, per cui chi lo acquistasse oggi si porterebbe a casa un rendimento annuo medio del 27%. Evidente che il mercato stia scontando un taglio del valore nominale anche di questo titolo, al fine di smaltire gli interessi annui a carico del bilancio statale.

Le scadenze più brevi vanno ovviamente malissimo. Il bond in euro da rimborsare il 15 gennaio 2022 e con cedola 3,875% (ISIN: XS1503160225) prezza a meno di 27 centesimi, esitando un rendimento che sfiora il 170%. E per 31,50 centesimi si compra il bond in dollari gennaio 2027 e cedola 6,875% (ISIN: US040114HL72). Questi valori ci segnalano che gli obbligazionisti si attendano un “haircut” con l’accetta, che possa anche superare quel 40% di cui ufficiosamente si parla da tempo. La previsione sarebbe per una replica delle condizioni fissate dopo il default del 2001, quando a distanza di anni Buenos Aires ottenne dai creditori sfiniti la tagliola del 70% e l’allungamento delle scadenze.

Bond Argentina, ecco l’elenco per la ristrutturazione

I mancati pagamenti di quest’anno consentiranno al governo di prendersi tutto il tempo possibile per trattare con i creditori esteri senza particolari assilli. Difficile, però, che possano essere rispettati l’anno prossimo, visto che le entrate fiscali nei prossimi mesi certamente non aumenteranno e la crisi economica richiederà, peraltro, risposte costose anche in questo paese. Argentina ancora una volta in default, e ormai non impressiona nemmeno apprenderlo.

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