La norma che la CGIL voleva cambiare tramite referendum prevede che, quando un giudice dichiara illegittimo un licenziamento, il datore di lavoro debba versare fino a 6 mensilità di stipendio arretrato come indennizzo risarcitorio. Il quesito referendario puntava ad aumentare il tetto del risarcimento ma anche a prevedere l’obbligo di reintegro del dipendente. Un tema, quello dei licenziamenti illegittimi, che torna attuale a poco più di un mese dal referendum. E proprio grazie a una nuova pronuncia della Corte Costituzionale.
Questa sentenza, in sostanza, dà ragione alla CGIL, poiché dichiara incostituzionale il limite massimo dei 6 mesi di risarcimento per il lavoratore licenziato illegittimamente.
Ecco le decisioni della Corte Costituzionale sui licenziamenti
Secondo i giudici costituzionali, è illegittimo il tetto di 6 mensilità previsto per i lavoratori licenziati in modo illegittimo.
In sostanza, viene dichiarata non conforme alla Costituzione quella parte del Jobs Act che la CGIL intendeva modificare con il referendum. Poi fallito per mancanza di quorum.
Il riferimento è alle aziende con almeno 15 dipendenti, che oggi sono tenute a versare tale indennizzo ai lavoratori che impugnano il licenziamento e ottengono sentenza favorevole.
La Corte ritiene che questo meccanismo sia troppo rigido, in quanto non consente al giudice di modulare il risarcimento in base alle circostanze specifiche del caso.
Il problema, secondo la Consulta, è che non si tiene conto delle differenze tra le aziende. Per quelle più solide dal punto di vista economico, pagare 6 mesi di stipendio può essere irrilevante. E dunque non rappresenta una vera dissuasione.
Un concetto, questo, già espresso dal segretario CGIL Maurizio Landini, che denunciava come le imprese, con un costo così contenuto, potessero licenziare arbitrariamente.
La flessibilità a seconda del caso che la Consulta cita però è qualcosa di leggermente diverso
Se è vero che ci sono aziende con almeno 15 dipendenti che sono economicamente solide e che trovano piuttosto semplice versare 6 mesi di stipendio, “liberandosi” così del dipendente, è altrettanto vero il contrario.
Aprire a risarcimenti più elevati e soprattutto al reintegro obbligatorio, come si chiedeva nel referendum, potrebbe colpire duramente anche le aziende più fragili. Ciò con il rischio di rendere impossibile licenziare anche nei casi giustificati.
In pratica, il rischio era quello di rovesciare troppo l’equilibrio a favore del lavoratore, mettendo il datore nella condizione di non poter più intervenire, anche legittimamente.
La Consulta non apre quindi a un automatismo verso il reintegro o risarcimenti pesanti. Ma piuttosto chiede che sia valutato ogni caso singolarmente, in base a criteri di proporzionalità ed equità, superando il limite rigido dei 6 mesi.