Non c’è pace con le varianti del coronavirus. Dopo la variante Delta e Delta Plus, ora a preoccupare arriva anche la variante Epsilon, che si trova tra le mutazioni sotto osservazione. Questa variante è stata osservata in California e in questo momento non è ancora molto diffusa nel nostro paese e in Europa.

Che cos’è la variante Epsilon che resiste ai vaccini e dove è più diffusa

In base ad uno studio pubblicato su Science a cura di Matthew McCallum, dell’Università di Washington a Seattle, sembra che questa variante sia resistente agli anticorpi.

Attualmente, in Italia sono solo due i casi di variante Epsilon trovata, ma è fondamentale non rinunciare al sequenziamento che al momento sembra essere l’unica arma per contrastare il virus.

Questa variante è stata segnalata all’inizio dell’anno in California, a maggio era già diffusa in 34 paesi e ora, in base al database del Gisaid, sembra diffusa in 44 paesi, soprattutto negli Stati Uniti, Corea del Sud, India e Giappone. In Europa è stata trovata principalmente in Danimarca con 37 casi finora rilevati, in Germania con 10 casi, Francia e Irlanda con 7 casi, Spagna e Olanda con 5 casi, Svizzera e Norvegia con 4 e 3 casi e in Svezia, Italia e Finlandia con 2 casi rilevati.
Dai primi studi, quindi, è emerso che le sue tre mutazioni sono resistenti agli anticorpi dei vaccini Rna e questo potrebbe rappresentare un grave problema.

Dove è più diffusa la variante Delta

Per quanto riguarda l’Italia è ormai chiaro che la situazione è in continuo aggiornamento. La ormai famosa variante Delta è arrivata al 22% a fine giugno, ma si teme che la percentuale potrebbe essere molto più alta. In ogni caso gli esperti sono convinti che a fine agosto passerà al 100% come prevalenza. La variante inglese o Alfa, è scesa al 57,8% con varie oscillazioni in base alle regioni mentre la variante Gamma a fine mese aveva una prevalenza dell’11,8%.


E se la variante Epsilon potrebbe far paura nel futuro, la Delta è ormai realtà e presente. A livello regionale si trova al 56,3% in Abruzzo, al 30% in Calabria, al 29,5% in Campania, al 70,6% in Friuli Venezia Giulia, al 38,2% in Lombardia e al 34,9% in Lazio. In Emilia Romagna è al 23, 2%, in Liguria al 33,3%, nelle Marche al 44,4%, nella provincia di Bolzano al 60%, in Piemonte al 5%, in Sardegna al 66,6%, in Sicilia al 2,9%, in Veneto all’11,1%, in Puglia al 16,2% e in Toscana al 7%.

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