“Per avere pensieri originali, straordinari, forse immortali, è sufficiente estraniarsi dal mondo e dalle cose per certi momenti in modo cosi totale che gli oggetti e i processi più ordinari appaiano assolutamente nuovi e ignoti, sicché in tal modo si dischiuda la loro vera essenza. Quel che si richiede qui non è qualcosa di difficile; ma non è assolutamente in nostro potere ed è appunto l’operare del genio“, affermava Arthur Schopenhauer. Ogni giorno siamo alle prese con diversi impegni sia famigliari che lavorativi.

Una vita ordinaria che in alcuni casi può sfociare in qualcosa di straordinario. Non solo dal punto di vista personale, ma anche professionale. Proprio soffermandosi su quest’ultimo ambito sono in tanti a ritrovarsi a lavorare più del previsto, accumulando straordinari su straordinari. Quest’ultimi non sono sempre frutto di un desiderio personale, bensì possono essere una necessità per via della mancanza di personale. Una situazione che si verifica molto più spesso del previsto e che può portare in alcuni casi ad aver diritto ad un risarcimento. Ecco come funziona.

Straordinari per mancanza di personale, se ti senti male hai diritto al risarcimento

Nel caso in cui un lavoratore che ha svolto tante ore di straordinario si senta male ha diritto ad un risarcimento? Ebbene, a quanto pare la risposta è affermativa. Ne è un chiaro esempio il caso di un dirigente medico di primo livello che ha dovuto fare i conti con un infarto del miocardio. Dopo aver trascorso tanti anni alle prese con turni di lavoro estenuanti ha citato in giudizio la ASL di competenza per chiedere un risarcimento del danno biologico per l’infarto. L’uomo, infatti, sosteneva che l’infarto fosse una conseguenza della mancanza di personale che lo aveva costretto a lavorare molto più del dovuto.

Tale richiesta è stata inizialmente respinta dal giudice del lavoro e dalla corte di appello poiché escludevano qualsiasi forma di responsabilità dell’Asl.

Questo tenendo conto del fatto che l’Asl non potesse aumentare il personale e quantomeno rifiutare di garantire le prestazioni ai pazienti. La Cassazione, attraverso l’ordinanza numero 6008 del 2003, ha però ribaltato tutto. Ha stabilito, infatti, che per ottenere il risarcimento del danno biologico il dipendente che ha svolto turni intollerabili deve solamente provare il nesso causale tra le condizioni lavorativi e l’evento traumatico . Ne consegue che spetta al datore dimostrare di aver messo in campo tutte le misure necessarie a salvaguardare la salute del dipendente. Entrando nei dettagli, come si legge sull’ordinanza della Corte di Cassazione poc’anzi citata:

“La responsabilità “ai sensi dell’art. 2087 c.c. ha natura contrattuale e che, di conseguenza, “incombe sul lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell’attività lavorativa, un danno alla salute, l’onere di provare l’esistenza di tale danno, come pure la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’uno e l’altro elemento, mentre grava sul datore di lavoro – una volta che il lavoratore abbia provato le predette circostanze – l’onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ovvero di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi del danno medesimo”.