L’Osservatorio delle Imprese, facoltà di Ingegneria Civile e Industria dell’università La Sapienza, ha effettuato un importante studio sulla siccità in Italia. L’analisi si avvale dello sviluppo di varie mappe realizzate per la valutazione delle caratteristiche del fenomeno. Lo studio prende in esame i periodi siccitosi nel nostro paese che vanno dal 1961 al 2021. Ma quali sono le regioni maggiormente a rischio e cosa fare per contrastare quello che è a tutti gli effetti un problema da non sottovalutare?

Lo studio dell’Università La Sapienza

Un dato emerge chiaro dal rapporto dell’Osservatorio, ossia che al Nord piove più che al Sud del paese.

Eppure, se ci sono zone che presentano maggiori rischi di siccità in Italia, non sono quelle meridionali. Dalle analisi, infatti, risulta evidente che le aree con più eventi siccitosi sono localizzate in Friuli Venezia Giulia, la fascia Adriatica meridionale e alcune aree della Sardegna settentrionale e della Calabria Tirrenica. Per quanto riguarda invece i mesi più secchi, l storia ci dice che tali eventi si sono verificati in maggioranza sulle isole maggiori e sulle  Alpi Occidentali. Come detto, lo studio si avvale di 61 anni di dati raccolti e quindi si tratta di un campione abbastanza esaustivo in questo senso. Il titolo della report è Siccità, Transizione auto, Case Green, ed è stato presentato dal ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin lo scorso 13 settembre.

Per l’occasione Pichetto Fratin ha anche ricordato l’importanza della raccolta di acqua piovana. Al momento l’Italia ne raccoglie solo l’11%, mentre paesi come la Spagna arrivano addirittura al 37%. Il ministro ha inoltre ricordato quali sono gli obiettivi che il paese deve perseguire a stretto giro di boa. Ad esempio, la creazione di nuove aree di esondazione, ma soprattutto la decarbonizzazione. A tal proposito, nel rapporto si legge:

“L’attuale condizione climatica, caratterizzata dal diffuso aumento delle temperature, con la diminuzione delle precipitazioni complessive annue nel Sud Italia e l’aumento nelle aree del Nord, ha un forte impatto sulla disponibilità della risorsa idrica”.

Siccità in Italia, le possibili soluzioni

Dopo aver visto quali sono le aree che sembrano avere scongiurato il problema dei terremoti in Italia, stavolta gli esperti si concentrano sulla siccità.

Nel Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc) si legge:

“Le premesse per pianificare gli interventi a breve e lungo termine. Il Rapporto richiama al bisogno di opere per la corretta gestione dell’acqua quali invasi, vasche di raccolta di acque meteoriche a fini agricoli, uso irriguo delle acque reflue depurate, impianti di desalinizzazione per l’idropotabile e il manifatturiero. Su questo ultimo argomento, dal rapporto emerge che le esperienze dei Paesi del Medio-Oriente sono estremamente positive e sembrano replicabili in Italia. Le due principali tecnologie per dissalare l’acqua di mare sono la distillazione multi-stage-flash e gli impianti a membrane ad osmosi inversa, i quali sono piccoli, impattano meno sull’ambiente, non costano troppo e possono essere velocemente installati. La depurazione e il riuso delle acque depurate, con re-immissione in falda, oppure quello a risorsa idrica nei processi agroalimentari oggi sono possibili. Le soluzioni tecniche sono mineralizzazione e trattamento del refluo con membrane”.

In sintesi, per contrastare la siccità in Italia è necessario saper creare una strategia per il riuso dell’acqua. Serviranno infrastrutture adeguate al fine di togliere l’agricoltura dalla pressione di una calamità del genere. Serviranno però politiche di adattamento e probabilmente nuovi incentivi del Governo per mettere in atto tale cambiamento.

I punti chiave…

  • Friuli Venezia Giulia e Sardegna settentrionale sono le aree a maggior rischio siccità nel nostro paese;
  • l’Italia utilizza solo l’11% di acqua piovana, la Spagna il 37%;
  • servirà un piano coordinato tra infrastrutture e politica per arginare i possibili rischi.