Da alcune settimane si sta nuovamente parlando del fenomeno dello shrinkflation, parola che unisce i termini “shrink” (che significa “restringere”) e “inflation” (“inflazione”). La pratica è odiatissima dai consumatori e il motivo è presto detto: vengono ridotte le dimensioni o il peso dei prodotti di largo consumo ma il prezzo rimane lo stesso. In realtà si tratta di una pratica che nasconde i rincari dei prezzi, già visti nell’ultimo periodo dopo i rincari, in quanto la dimensione viene ridotta ma il prezzo non scende; quindi chi compra acquisterà meno prodotto pagando ugualmente quello che pagava in precedenza quando il peso era maggiore.

Shrinkflation, meno prodotto e stesso prezzo, la pratica nasconde il rincaro dei prezzi

Il fenomeno è ben noto in Italia e anche in altri paesi europei e ora le associazioni dei consumatori hanno deciso di denunciare la pratica scorretta dopo le numerose segnalazioni dei clienti dei supermercati.

Tra i prodotti più quotati e coinvolti nello shrinkflation troviamo ad esempio i fazzoletti di carta, la carta igienica, il dentifricio, ma anche generi alimentari. Anche Unione Nazionale Consumatori ha fatto un esposto all’Authority dopo che durante il periodo di Pasqua il peso di alcune colombe era calato ma il prezzo era lo stesso del 2021.

I prodotti più colpiti

In sostanza la confezione e il prezzo non erano cambiate, ma il il peso si. L’associazione ha fatto notare che alcune colombe che lo scorso anno pesavano un chilo, quest’anno pesavano 750 grammi ma allo stesso prezzo dello scorso anno. A fare chiarezza è stato Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori:

“Ridurre il peso è una pratica legittima, a patto che non si inganni il consumatore medio inducendolo in errore rispetto al prezzo effettivamente praticato, falsandone il processo decisionale, invogliandolo in tal modo a fare un acquisto che non avrebbe fatto solo perché ingannato sulla convenienza di quel prodotto, in realtà più caro”

Non solo colombe.

Altri prodotti finiti nel mirino sono le mozzarelle da 100 grammi invece che da 125, la pasta non nei formati da 500 grammi e da 1 Kg, il caffè da 225 invece che da 250 grammi, il tè con 20 bustine invece di 25 e l’elenco potrebbe continuare. Ora saranno i controlli dell’Antitrust a fare chiarezza e multare i negozianti che non indicano il prezzo per unità di misura.