Non è un buon momento per la sanità italiana, solo 11 regioni-province, infatti, sono state promosse dal Ministero della Salute per l’adempimento livelli essenziali di assistenza (Lea) nel 2020. Questo è quanto emerge da un’analisi condotta dalla Fondazione Gimbe a seguito dei dati pubblicati del “Monitoraggio dei Lea mediante il nuovo sistema di garanzia (Nsg)”. Quest’ultimo valuta ventidue indicatori che sono suddivisi in tre aree principali. Esattamente la sanità pubblica, l’assistenza distrettuale/ospedaliera e la prevenzione pubblica.

Dai dati emergono enormi disuguaglianze tra il Nord e il Sud e CittadinanzaAttiva sottolinea inoltre che c’è anche una spaccatura tra aree del medesimo territorio.

In più quelle che nel passato erano definite delle regioni modello ora presentano anch’esse delle importanti criticità e delle disuguaglianze profonde.

Il divario tra Nord e Sud

Che ci sia un divario tra Nord e Sud per quanto riguarda la sanità pubblica, lo si è sempre saputo. La situazione, però, nel corso degli anni è peggiorata sempre più, basti pensare alle lunghe file di attesa che oramai sono un problema di quasi tutto il territorio nazionale. C’è poi il gravissimo problema della carenza dei medici, nelle strutture ospedaliere, infatti, mancano più di 29 mila professionisti sanitari.

Cittadinanzattiva ha lanciato l’allarme per la carenza dei medici e degli infermieri già a gennaio. L’associazione ha inoltre spiegato che c’è un forte sovraffollamento negli studi pediatrici soprattutto in alcune province del Nord mentre a Caltanisetta c’è una fortissima carenza di ginecologi. Il dato di tale città è addirittura di 17 volte peggiore rispetto a quello di Roma.

L’analisi di Gimbe

Dall’analisi di Gimbe sulla sanità italiana a seguito dei dati pubblicati dal Ministero, emerge che per l’erogazione delle prestazioni garantite dai livelli essenziali di assistenza al primo posto c’è l’Emilia Romagna. È prima con il 93,4% degli adempimenti seguita dalla Toscana con il 91,3%, dal Veneto con l’89,1%, dal Piemonte con l’87,6% e dalla Lombardia con l’87,4%.

Ci sono poi l’Umbria con l’85,9%, le Marche con l’84,1%, la Liguria con l’82,8%, il Friuli Venezia Giulia con l’81,5% e la provincia autonoma di Trento con il 78,8%.

I livelli essenziali di assistenza per la sanità pubblicità scendono poi nelle altre regioni. Il dato è del 76,6% in Abruzzo, del 76,4% in Basilicata, del 75,1% nel Lazio, del 69,6% in Sicilia e del 68% in Molise. Bocciate, invece, la Puglia con il 67,5%, la Valle d’Aosta con il 63,8%, la Calabria con ilo 59,9%, la Campania con il 58,2%, la provincia autonoma di Bolzano con il 57,6% e la Sardegna con il 56,3%.

Quest’ultima insieme a Bolzano-Trento, Friuli e Valle d’Aosta non sono però sottoposte alle verifiche degli adempimenti.

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