Il tema pensioni è semptre caldo e quest’anno più che mai. Le intenzioni del governo sono chiare e gli ultimi incontri in merito sembrano dimostrarlo. Si vuole arrivare a una riforma delle pensioni per tutti ma non sarà un processo breve. I tempi ristretti e altre urgenze richiedono calma, ma il progetto di rivedere tutto il sistema pensionistico e superare la legge Fornero sembra nei piani. Adesso la pensioni a 62 anni è per pochi, il 2023, molto probabilmente, sarà un anno di transizione e non sarà facile arrivare ad una vera riforma.

Ma che cosa vuole fare il governo per arrivare ad una riforma pensioni per tutti?

Riforma pensioni: ora andare in pensione a 62 anni è ancora per pochi

Da gennaio è arrivata quota 41 per i lavoratori con 62 anni di età ma la quota 41 per tutti, invece, sembra ancora molto lontana. Il governo non vuole fermarsi solo a questo ma procedere verso una vera e propria rivisitazione andando per tappe. Quello che è certo è che nel 2023 è prevista una quota 41 ibrida, come fu definita. In sostanza si può andare in pensione con 41 anni di contributi versati se c’è un’età minima di 62 anni. Il primo passo verso una riforma delle pensioni potrebbe partire proprio da qui. Lo scopo, insomma, è quello di arrivare a quota 41 per tutti. Dovrebbe nascere una nuova pensione anticipata ordinaria che da 42 anni e 10 mesi di contributi scenderà a 41 anni.

Sicuramente non è un processo che si potrà materializzare quest’anno ma tra il 2024 e il 2025 la nuova riforma potrebbe diventare realtà. In futuro si dovrebbe anche prendere in considerazione la flessibilità con una pensione a 62 anni, con 20 anni di contributi ma flessibile. In questo caso, si potrebbe dover introdurre una penalizzazione per chi opta per l’anticipo ma con il calcolo contributivo per tutti, sarebbe possibile tagliare gli assegni.

In alternativa il governo proverebbe a ragionare sul calcolo delle pensioni con sistema misto ma tagliando gli assegni in base agli anni di anticipo.

In sostanza un lavoratore potrebbe andare in pensione a 62 anni con 20 anni di contributi ma prendendo una pensione più bassa. Arrivando a 63 anni, invece, l’assegno diverrebbe più alto.

Dibattito ancora aperto per opzione donna

Il dibattito, invece, è ancora aperto per quanto riguarda l‘opzione donna ossia la pensione anticipata per le donne lavoratrici che rispettano certi requisiti. Il governo ha anticipato che c’è l’impegno a intervenire ma non è chiaro quando. Con l’ultima legge di bilancio l’esecutivo ha ridotto la misura. Con i nuovi criteri interessa solo 2.900 donne in Italia, ossia donne invalide civili sopra al 74%, caregiver o licenziate, che abbiano 60 anni di età e 35 anni di contributi. La ministra del lavoro ha confermato che la platea delle beneficiarie è composta da 2.900 donne che maturano i requisiti nel 2023, un numero che crescerà a 4500 nel 2024 e 5100 nel 20205. La ministra Calderone ha anche confermato di aver convocato un tavolo con i rappresentanti dei sindacati con l’obiettivo di “evitare di intervenire con provvedimenti di breve periodo”. Non sono però ancora chiari i tempi.