Di proroga in proroga, aspettando la riforma. Quella reale, che dovrebbe consentire (in teoria) un sistema equo di pensionamento, non solo per i prossimi al trattamento ma anche per i lavoratori più giovani.

Un obiettivo ambizioso, per non dire quasi utopistico. Se non altro perché, al netto delle intenzioni, i nodi da risolvere sono parecchi, molti dei quali legati all’evoluzione delle condizioni sociali. Il che, in sostanza, impedisce di ragionare a lunghissimo termine. Per questo, nell’immediato (ossia da qui al 2025) si cercherà di sciogliere perlomeno il complesso nodo gordiano del superamento definitivo della Legge Fornero.

Mission che, molto probabilmente (anzi, quasi sicuramente), non sarà completabile dal Governo Meloni entro il suo primo anno di attività.

Pensioni: Quota 103 anche nel 2024?

Per il 2024, quindi, ci si “accontenterà” di avanzare piano, rinnovando una Quota 103 che, in fondo, non è stata indicata dai lavoratori come un completo disastro. Preso atto di questo, allungarla di un anno per poter ragionare al meglio sulla pensione dei prossimi anni (e completare le discussioni con i sindacati di categoria) non sembrerebbe un dramma.

Anche perché, nel piano Meloni non ci sarebbe solo la proroga di Quota 103 ma anche l’allungamento dei termini degli altri strumenti di anticipo e, addirittura, un test della nuova Quota 41. Non solo. Per quel che riguarda i lavori gravosi, si ragiona su una Quota 96 garantita, mentre dovrebbero andare di default i rinnovi di Ape Sociale e Opzione Donna per le lavoratrici. Quest’ultima, tuttavia, priva del ritocco auspicato per allentarne le restrizioni. Anzi, le ipotesi sul tavolo parlano addirittura di una possibile ulteriore stretta sui requisiti, al fine di ridurre i costi per l’imminente riforma.

Un calderone abbastanza denso, in pratica, con la speranza che il nuovo anno (e la nuova Legge di Bilancio) porti novità e soprattutto risorse. Perché, in Italia, resta sempre il problema dello squilibrio tra stipendi e pensioni.

E un meccanismo previdenziale sensato potrebbe aprire a nuova forza lavoro le porte della stabilità, al netto delle discussioni sul salario minimo.

Pensione 2024, chi “sopravvive” alla mini-riforma: come cambiano gli strumenti di anticipo

Dodici ulteriori mesi di Quota 103. La principale forma di anticipo dovrebbe restare al suo posto quasi al 100%, consentendo ai lavoratori un pensionamento con requisito anagrafico di 62 anni e contributivo di 41. Questo, di fatto, significherà la sopravvivenza delle disposizioni stabilite ormai più di un decennio fa con la Legge Fornero, l’ultima vera e propria riforma del sistema, il cui superamento è rimandato ancora di un anno. Resteranno, infatti, tutte le forme di anticipo previste dal meccanismo in vigore, la maggior parte delle quali declinate ai lavoratori che svolgono mansioni gravose o usuranti, oltre che ai cosiddetti precoci. Come sempre, sarà una questione di risorse.

Per questo, se l’Ape Sociale sembra destinato a restare in forma piena (in quanto “generalizzato”), su altri strumenti il ragionamento sarà più esteso. Opzione Donna, ad esempio, già fortemente ridimensionata a seguito dell’ultima proroga (valida per il 2023), potrebbe subire un’ulteriore modifica al ribasso sui requisiti. E questo nonostante il pressing dei sindacati affinché vi fosse un allentamento sulle restrizioni decise.

Quota 41

C’è poi il capitolo Quota 41. L’introduzione in forma stabile alla quale aspira la Lega richiederà un ragionamento più lungo. Anche in questo caso è questione di risorse, visto che la Quota 41 secca graverebbe per 4 miliardi sulle casse dello Stato (dati Inps) solo nel primo anno. Per questo si fa largo l’ipotesi di una forma provvisoria, vincolata alla contribuzione, e quindi al calcolo dell’assegno, con una penalizzazione di circa il 10-15%. Soluzione che, al momento, non ha incontrato il favore delle associazioni a tutela dei lavoratori. E allora, ecco la terza ipotesi.

La reintroduzione di una Quota 96 che, di fatto, sarebbe nientemeno che il meccanismo previdenziale pre-Fornero.

Chiaramente, un’eventuale introduzione porterebbe a un necessario ritocco, magari con abbassamento del requisito anagrafico a 60 anni dai 61 ora previsti. Resterebbe invece invariato quello contributivo (35 anni), rendendo quindi abbastanza limitato il parco di accesso.

Riassumendo

  • La riforma della pensione dovrà ancora attendere. Al momento, si ragiona sulla proroga del meccanismo in atto (Quota 103) e delle forme di anticipo già disposte (Ape e Opzione Donna);
  • c’è l’ipotesi di una Quota 41 provvisoria, con calcolo dell’assegno vincolato al requisito contributivo e penalizzazione del 10-15%;
  • in ballo anche la reintroduzione di Quota 96 in forma “ponte”, con abbassamento del requisito anagrafico a 60 anni.