È arrivata la proroga alle concessioni balneari e sull’argomento se n’è discusso approfonditamente nella trasmissione Di Martedì condotta da Giovanni Floris. Milena Gabanelli ha sottolineato infatti che “non è possibile portarsi avanti tali concessioni per diritto ereditario, questa roba deve finire” anche perché c’è un grave danno per l’erario.

Intanto, oltre alla proroga della messa al bando delle concessioni, c’è anche l’estensione di cinque mesi del termine per la mappatura delle concessioni previsto dal Ddl concorrenza.

In più lo slittamento di un anno della deadline per la messa in gara.

E ancora, c’è la creazione di un tavolo tecnico a Palazzo Chigi insieme con le associazioni di categoria che avrà compiti di indirizzo/consultivi.

Che ne pensa Milena Gabanelli delle concessioni balneari

Milena Gabanelli all’interno della trasmissione Di Martedì ha spiegato che, stando all’ultimo decreto concorrenza dello scorso luglio, era necessario definire regole e criteri per le gare. Ciò, per cercare di far arrivare allo Stato il dovuto. Il problema, però, è che da anni per le concessioni balneari, che sono poco più di 12 mila, non sono state bandite le gare. Esattamente con le modalità richieste dalla Ue dal 2006. Il mancato rispetto di tali regole sta quindi creando un notevole danno all’erario come sottolinea anche la Corte dei Conti e il documento di Economia e Finanza.

Il motivo è che il canone minimo fissato negli ultimi anni è di 2600 euro all’anno. Tale cifra, però, la si ottiene facilmente con pochi ombrelloni nell’arco di pochi mesi.

È vero, ha aggiunto inoltre la Gabanelli, che chi ha le concessioni balneari deve sostenere anche altri costi. Ad esempio quella del bagnino o le spese di manutenzione della spiaggia ma ci sono però anche i ricavi dei bar e dei ristoranti.

Quindi per lei andrebbe fatto un po’ di ordine perché lo Stato da queste 12 mila concessioni balneari incassa poco più di 100 milioni l’anno.

Questa cosa è un danno anche perché potrebbe incassare cifre più elevate.

Questa situazione inoltre è un danno per il cittadino perché c’è bisogno di denaro per effettuare tutta una serie di interventi. Non è giusto, quindi, che il primo che è arrivato a prendere le concessioni continui a portarsele avanti per diritto ereditario.

Cosa ne pensa la Ue

Il Decreto Milleproroghe ha prorogato le concessioni balneari proprio nel momento in cui c’è grande apprensione per l’estate 2023  che si annuncia ancora più salata rispetto agli anni passati.

Se sono infatti aumentati i costi di tutti i generi, dagli alimentari alla benzina e diesel, di sicuro ci sarà un notevole rincaro di lettini e ombrelloni. L’anno scorso le tariffe oscillavano tra i 25 e i 30 euro per cui ci si chiede in questo 2023 a quanto arriveranno. E poi la domanda che si si pone è perché non si faccia mai nulla per le spiagge pubbliche dotandole di più servizi e aumentandole di numero. Da Nord a Sud, purtroppo, negli ultimi anni si assiste sempre più al ridimensionamento di esse. A danno, quindi, di chi non può permettersi di spendere 50 euro e più al giorno per una giornata al mare, figuriamoci se si hanno più figli.

La proroga delle concessioni balneari, intanto, indispettirà ancora di più l’Unione Europea che già da tempo ha chiesto all’Italia la liberalizzazione del settore. Quest’ultima, per chi non lo sapesse, è una delle riforme principali richieste affinché il nostro paese possa avere la prossima tranche da 19 miliardi del Pnrr.

Il Governo Draghi?

La scelta del Governo Meloni va in direzione opposta rispetto a quanto deciso dal Governo Draghi, avvalorato anche da una sentenza del Consiglio di Stato. Il vecchio Governo aveva infatti escluso ogni possibilità di proroga oltre il 31 dicembre 2023 che ora passa, invece, al 31 dicembre 2024.

Questa proroga, però, rischia di costare molto cara agli italiani per i canoni molto bassi pagati dagli attuali concessionari come ha chiarito anche la Gabanelli e non solo.

Per la sanzione che l’Unione Europea potrebbe comminare all’Italia e per i prezzi più alti per fruire dei servizi balneari (visti gli aumenti delle materie prime). Infine per il mancato ingresso di nuovi fornitori che avrebbero potuto modernizzare il settore.

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