Perché piangiamo? Cos scatena il nostro pianto? Scommettiamo che tutti se lo sono chiesto almeno una volta, e magari non tutti sono riusciti a darsi una risposta. In realtà, le risposte sono molteplici, poiché esistono diversi tipi di pianto, anche se poi, in fondo, scienza e psicologica tendono a dare una spiegazione univoca che vada bene un po’ per tutte le situazioni.

Perché piangiamo? I 10 motivi

Abbiamo solo 10 motivi per piangere? Probabilmente ne abbiamo molti di più, ma gli esperti grossomodo hanno sintetizzato 10 tipi di pianto.

Possiamo piangere per stress, o per qualcosa di molto simile come la stanchezza, oppure possiamo piangere di felicità, o ancora per sollievo, anche in questo caso in una sorta di sinonimo con il pianto precedente. Si può piangere inoltre per delusione, ma i pianti più comuni sono quelli per dolore fisico, rabbia e tristezza. A questa si associa spesso il pianto per la perdita di una persona cara, praticamente un fenomeno immancabile durante un lutto. Infine, si può piangere per empatia, come ad esempio quando ci commuoviamo davanti a un film o al racconto di un amico.

Abbiamo appena elencato 10 diversi tipi di pianto, anche se in fondo si piange sempre e soltanto per una cosa sola. In questo caso è la psicologia che prova a sintetizzare in un’unica risposta quel che gli elementi contingenti diversificano di volta in volta. Secondo alcuni psicologi infatti il motivo del pianto è dovuto al fatto che il soggetto reagisce a un fattore esterno che reputa irragionevole verso la propria persona. Ossia, un evento che crediamo di non meritare, e che quindi ci scatena questa reazione istintiva delle lacrime. Anche il pianto di felicità, in effetti, è un pianto di sollievo, ossia il soggetto, dopo aver subito una serie di eventi che non pensava di meritare e nemmeno più di superare, si accorge di essere riuscito nell’impresa e quindi si abbandona al pianto.

Perché piangiamo secondo scienza e psicologia

Tornando al discorso precedente, pensiamo ad esempio agli sportivi, quando piangono di gioia dopo aver vinto. In quel caso, infatti, si piange per l’obiettivo che ripaga del tanto sforzo fatto, ma in quel momento il soggetto sta effettivamente rivivendo quante sofferenze ha dovuto patire per allenarsi e raggiungere quei risultati, quindi il suo pianto di gioia è comunque un pianto che usa come referente un momento triste della sua esperienza, momento che però ha in quel preciso istante superato con una vittoria. E cosa ci dice invece la scienza? La risposta è molto semplice, c’è un collegamento tra la porzione anteriore della corteccia cerebrale e il sistema limbico, sede della regolazione delle emozioni, un evento esterno attiva questo collegamento del nostro sistema nervoso provocando la lacrimazione.

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