Questa settimana avrà inizio il confronto tra governo e sindacati per discutere sulla riforma delle pensioni, in particolare sulla possibilità di consentire di andare in pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica. L’incontro tra l’attuale esecutivo e le sigle sindacali è fissato per giovedì 19 gennaio. Verosimilmente sarà soltanto il primo dei tanti incontri che serviranno alle due parti per trovare un’intesa. I sindacati chiedono a gran voce quota 41 per tutti. Mentre il governo deve fare i conti con l’impossibilità di estendere quota 41 a tutti i lavoratori già da quest’anno per una semplice ragione: la tenuta dei conti.

Ecco perché il punto d’incontro potrebbe essere una quota 41 selettiva, cioè non per tutti ma solo per una ristretta categoria di lavoratori.

Quota 41 selettiva dal 1° gennaio 2024: l’ipotesi in campo che sulla carta cambia molte cose

Anche negli ultimi giorni Matteo Salvini ha ripetuto che l’obiettivo del governo è il superamento della Legge Fornero con l’approvazione di Quota 41 per tutti, che consentirebbe a chiunque abbia maturato 41 anni di contributi di andare in pensione. Un obiettivo da raggiungere però entro la fine naturale della nuova legislatura, e non dopo due mesi dall’insediamento dell’esecutivo. Da qui l’ipotesi di avvicinarsi alla pensione anticipata con 41 anni di contributi lasciando aperta la finestra soltanto a un ristretto gruppo di lavoratori. Secondo le ultime indiscrezioni, il governo vorrebbe proporre ai sindacati una quota 41 per il momento selettiva. Riservate dunque ad alcune categorie di addetti a mansioni gravose. Le previsioni del ministero del Lavoro stimano in diecimila unità i lavoratori interessati dal provvedimento. Sebbene poi possano essere molti meno di fronte alla prova dei fatti.

I costi per la casse dello Stato sarebbero ingenti

Basta guardare per esempio alle criticità già emerse in relazione alla pensione anticipata con Quota 103.

Si tratta dell’attuale istituto di prepensionamento che consente di andare in pensione dopo 41 anni di contributi a patto di avere almeno 62 anni. Una delle prime è il tetto massimo per l’assegno previdenziale. Per chi sceglie di andare in pensione con quota 103, la pensione non può essere superiore a 5 volte il valore dell’assegno minimo (ossia sopra i 2.850 euro lordi). Questo fino al raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchia (67 anni, ndr).

E se invece al termine della discussione con i sindacati il governo dovesse dare il via libera a quota 41 per tutti, i costi per la casse dello Stato sarebbero ingenti. Si stima infatti una spesa annuale tra i 6 e i 9 miliardi di euro per i primi dieci anni. Per una cifra complessiva pari a 75 miliardi di euro.