Prorogare Quota 103 per evitare il ritorno integrale della Fornero nel 2024 non è la soluzione giusta. Se ne è discusso pochi giorni fa alla Camera nell’ambito dell’approvazione di specifiche iniziative per contrastare il divario pensionistico di genere (mozione di maggioranza su Opzione Donna).

Stando, quindi, a quanto indicato dal Ministero del Lavoro, Quota 103 terminerà a fine anno e dal 2024 si potrà andare in pensione coi soli requisiti ordinari. Cioè a 67 anni di età con almeno 20 di contributi o a 41-42 anni e 10 mesi di contributi indipendentemente dall’età.

Le deroghe a queste regole scompariranno quasi del tutto.

Quota 103 non piace

Ma perché Quota 103 non piace e non risolve i problemi? In pratica, secondo le stime del Governo beneficerebbero dell’uscita anticipata con 62 anni di età e 41 di contributi circa 44.000 lavoratori. Cifra gonfiata, secondo i sindacati, che stimano non più di 20.000 persone aventi diritto.

Anche perché il problema di Quota 103 non è dato tanto dai requisiti richiesti, quanto dal fatto che vi sono delle restrizioni importanti in considerazione dell’età di uscita. Di fatto, accettando la pensione con Quota 103 non si potrà più percepire altri redditi da lavoro. Un problema per chi svolge lavoro autonomo, come i commercianti o gli artigiani.

Poi c’è il limite di importo pari a 5 volte il trattamento minimo di pensione. La legge prevede che non si possa superare il tetto di 2.840 euro al mese. Per cui chi ha diritto a una rendita più alta dovrà aspettare il compimento di 67 anni per ottenere quanto effettivamente gli spetta. Ma nel frattempo perderebbe fino a 5 anni di differenza sulla pensione.

Riepilogando, quindi, Quota 103 rappresenta giusto un piccolo scalino di breve durata. Tanto da far vedere che il governo non ha trascurato gli effetti della fine di Quota 100 e Quota 102. Niente di più.

Le alternative per andare in pensione

Il problema di fondo – dicono i sindacati – è mettere mano all’architettura della legge Fornero.

, non prorogare Quota 103 E’ impensabile dover aspettare 67 anni per lasciare il lavoro. Serve una legge che consenta a uomini e donne l’uscita anticipata con al massimo 41 anni di lavoro alle spalle. Quindi Quota 41, come propone la Lega da tempo ma che finora non ha riscontrato favori in seno alla maggioranza.

Andare oltre sarebbe come snaturare la funzione della pensione come rendita di anzianità per lavoratori che non possono più contribuire alla crescita economica del Paese. Soprattutto per chi svolge mestieri faticosi e gravosi, la cui platea di beneficiari prevista per Ape Sociale dovrebbe essere allargata.

Bisogna poi riconsiderare l’istituto del trattamento minimo di pensione, escluso per i giovani lavoratori. O meglio, per coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1995. Per tanti lavoratori, oggi quarantenni, non vi sarà una rete protettiva. Soprattutto se non hanno una carriere continua e ricca di contributi versati.

Pensioni e riforme, proroga di Quota 103

Sullo sfondo pesa anche la spesa pensionistica che ha superato quota 231 miliardi nel 2022 (+5,9% rispetto al 2021) con previsioni di crescita costante nel tempo e tendenza ad arrivare al 17% del Pil. Difficile in questo contesto proporre nuove pensioni anticipate: non ci sono soldi, è evidente.

Terminata Quota 103, quindi, su cui peraltro sono circolate voci di una proroga anche per il 2024, non si vedono alternative all’orizzonte. Come si andrà in pensione, allora, l’anno prossimo? Tolte le vie ordinarie previste dalla riforma Fornero, resta ben poco. Ape Sociale, Opzione Donna e Quota 41 per lavoratori precoci.

A parte ovviamente i militari e gli appartenenti al comparto sicurezza per i quali restano in vigore regole diverse. Per costoro l’uscita dal servizio resta generalmente confermata a 60 anni con possibilità di anticipo a 58 anni in presenza di anzianità contributiva di almeno 35 anni.