È stata pubblicata la classifica delle migliori aziende in cui lavorare di Great Place to Work 2021, la storica lista che premia le migliori realtà in cui fare carriera secondo i dipendenti. Si nota subito che nessuna azienda italiana appare nella lista.

World’s Best Workplaces 2021, le migliori aziende in cui lavorare

Al primo posto tra le migliori aziende in cui lavorare figura la società di trasporti Dhl Express, seguita da Cisco, information technology e la catena alberghiera Hilton, che chiude la top 3.

Dhl conquista la medaglia d’oro grazie all’impegno messo durante la pandemia nel servire i clienti che non potevano uscire da casa. Per le altre due, il modo di affrontare la crisi ha avuto sicuramente un ruolo fondamentale.

Al quarto posto e con 11 posizione guadagnate troviamo l’azienda farmaceutica AbbVie, seguita da Salesforce e 3M, quest’ultima opera nei servizi professionali e retail. A chiudere la top 10 delle migliori aziende ci sono SC Johnson, una vera new entry, Amgen, Sap e Roche.
All’11esimo posto figura l’azienda Hilti che si occupa anche di servizi industriali e finanziari seguita da Ey, Sas Institute, At&T e Stryker Corporation. Nella top 35 delle migliori aziende in cui lavorare spiccano anche Novartis, The Adecco Group, Adobe, Santander e American Express.

Nessuna italiana nella classifica

Ma quali sono i fattori chiavi che permettono di entrare in questa ambiziosa classifica? Sicuramente il benessere organizzativo, l’occhio al work life balance, l’equilibrio tra lavoro e vita privata, ma anche la sostenibilità, la diversità e l’inclusione e la possibilità di lavorare da remoto. In base alle indagini, vengono anche considerate le capacità delle aziende di creare ottimi ambienti di lavoro e l’impatto sulla comunità.

Come dicevamo all’inizio, nessuna realtà italiana è stata inclusa tra le migliori secondo Great Place to Work.

A spiegare il motivo è Alessandro Zollo, amministratore delegato di Great Place to Work Italia secondo cui:
“Siamo riusciti a entrare entrati nella classifica europea ma non ancora in quella mondiale, perché non siamo ancora riusciti a dar voce alle persone. Siamo migliorati ma per fare il salto i manager devono riuscire a gestire il processo d’inclusione”.

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