Un tempo era difficile che un lavoratore si dimettesse dal lavoro, a meno di motivi davvero validi. Anzi, si cercava il più possibile di tenersi stretto il posto. A chi non è mai capitato di fare un lavoro non gratificante, di vedere poche prospettive di carriera o vivere in un’ambiente ostile che danneggia la produzione? Quanti dipendenti avrebbero voglia di mollare tutto ma non lo possono fare, magari per la paura di non trovare di meglio? O perché devono mantenere figli e case? Non è affatto difficile immaginare la risposta.

Adesso, invece, il mercato del lavoro nel 2022 è nettamente cambiato e stanno prendendo sempre più piede alcuni fenomeni come il quitfluencer, le grandi dimissioni, oltre che il quiet quitting. Fenomeni che fanno capire la necessità di rivedere i modelli organizzativi da parte delle aziende. Ma che cosa sono?

Grandi dimissioni dal lavoro e quitfluencer, così quasi il 30% dei lavoratori si licenzieranno  per cambiare posto

Secondo la ricerca “Global Workforce of the Future” di Adecco, nei prossimi 12 mesi almeno il 27% dei lavoratori cercheranno di cambiare lavoro. Un fenomeno che traina il cosiddetto quit influencer: ossia vedere i colleghi che si dimettono spinge anche gli altri a fare questa scelta. E almeno il 50% lo fa davvero. Ormai i lavoratori sono alla ricerca di un lavoro che permetta di bilanciare di più la vita professionale e privata. Quindi a contare è molto l’aspetto emozionale. Si cambia anche per migliorare il lato economico. Infatti, con il caro vita e l’inflazione, lo stipendio è diventato un pò la punta dell’icerberg e uno dei motivi per cui in tanti vogliono cambiare lavoro: per il 61% dei dipendenti lo stipendio non è adeguato, si fa fatica ad arrivare a fine mese e così si finisce per dover fare due lavori o accettare pagamenti in nero.

La soddisfazione del proprio lavoro è per il 40% dei dipendenti tra i motivi che spingono a rimanere in un’azienda, seguita dalla stabilità e l’equilibrio tra vita lavorativa e privata.

In poche parole, lavorare in un ambiente non ostile, dove conta il benessere è fondamentale, molto più di altri aspetti. Sarà per questo, che tra i fenomeni del momento viene dato molto peso al quiet quitting, le “dimissioni silenziose”. Si tratta della rinuncia all’impegno quotidiano e una sorta di distacco emotivo dovuto ad una cultura tossica sul posto di lavoro. Insomma, vivere male la realtà lavorativa porta il dipendente a fare il minimo indispensabile, soprattutto quando non è la meritocrazia a trionfare ma ben altro.

Licenziamento silenzioso, gli scontenti sono più dell’80%

Alcune ricerche americane, stanno ponendo l’attenzione anche su un altro fenomeno molto grave: il quiet firing ossia il licenziamento silenzioso, che diventa realtà quando il datore di lavoro non premia i dipendenti e li costringe a dimettersi, un fenomeno che rientra tra quelli del mobbing. Secondo un report di InfoJobs Attraction & Retention, gli scontenti del proprio lavoro sono davvero tantissimi e addirittura l’80,9% dei rispondenti non consiglierebbe a un amico l’azienda per la quale lavora. Una soluzione, però, c’è e la consigliano i career coach: affrontare la situazione di petto. Parlare chiaro e puntare al più dialogo e alla schiettezza è sicuramente un modo per ottenere più fiducia e magari più benessere anche sul posto di lavoro. Sarà davvero così?