Grazie al radar della missione cinese Chang’è 4 si è riuscito a vedere cosa c’è sotto la faccia nascosta della Luna. I dati che sono stati raccolti nei primi due giorni di misurazione sono stati poi pubblicati sulla rivista “Science Advances” in uno studio in cui c’è anche la firma di tre ricercatori italiani i cui nomi sono Francesco Soldovieri del Cnr-Irea ed Elena Pettinelli e Sebastian Lauro dell’Università di RomaTre. Detto ciò, ecco le info in merito.

La Luna e la sua faccia nascosta: cosa si nasconde?

Sotto polvere grigia finissima il cui nome è regolite lunare ci sono vari strati che sono stati prodotti dagli impatti che nel corso di miliardi di anni hanno modellato la superficie della Luna: è questo quello che si nasconde sotto la sua faccia nascosta.

Tale scoperta è stata possibile grazie al radar della missione cinese Chang’è4 che è riuscito a portare il rover YuTu-2 sul fondo del cratere Von Karman ad una profondità di circa quaranta metri.

I dati raccolti nei primi due giorni di misurazione (che sono stati davvero utili per individuare possibili risorse per nuove missioni dell’uomo sulla Luna) sono state pubblicate, come già detto, sulla rivista Science Advance in uno studio con firma anche di tre italiani. Uno di questi, Elena Pettinelli, ha comunicato che la cosa che più ha sorpreso è stata la trasparenza del terreno di Von Karman alle onde radio. Grazie a questo è stato possibile vedere meglio le strutture geologiche fino a quaranta metri di profondità.

La faccia visibile e la faccia nascosta della Luna

La faccia che tutti vediamo della Luna ha una crosta più sottile che è caratterizzata da bacini che vengono chiamati mari. Essi sono pieni di lava balsamica che proviene dal mantello. La faccia nascosta della Luna, invece, ha una crosta più spessa e formata sopratutto da materiale crostale che si è formato miliardi di anni fa.

In merito allo studio effettuato, inoltre, Sebastian Lauro ha comunicato che per analizzare i dati hanno dovuto lavorare parecchio sopratutto per evitare che ci fossero degli errori. Soldovieri ha aggiunto infine che hanno conseguito il giusto algoritmo e che “applicando un approccio noto come inversione tomografica”  sono riusciti ad individuare la presenza di tipici prodotti di impatto che sono usuali sotto lo strato spesso di regolite.

Tale materiale è il risultato di un processo molto lungo di aggregazione e di frantumazione che si è avuto a causa dell’impatto di micro-meteoriti e all’interconnessione del terreno con la radiazione del Sole. Sotto a tale materiale, poi, si avvicendano degli strati ricchi di blocchi che derivano dalle espulsioni dei vulcani vicini che sono nati a seguito dell’impatto con asteroidi e strati più sottili fino alla profondità di quaranta metri che è stato il limite di indagine del radar.

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