L’Italia e tutta l’Unione Europea vogliono cercare di ridurre la dipendenza dal gas della Russia. Dallo scorso autunno e poi per la guerra in Ucraina, infatti, gli aumenti sono enormi per cui il Governo Draghi sta cercando di accelerare sulle fonti di energia verde.

Gas dalla Russia: come farà l’Italia senza?

La prima mossa del governo Draghi per sottrarsi dalla dipendenza del gas dalla Russia è stata lo sblocco della realizzazione di sei parchi eolici in Puglia, Sardegna e Basilicata per 418 megawatt complessivi.

Questo è stato deciso in consiglio dei ministri ieri. Essi si aggiungeranno agli altri 7 parchi avviati all’inizio di dicembre e ad alcune decine di impianti fotovoltaici. Ciò però non è sufficiente per sottrarsi dalla dipendenza di Mosca e nemmeno per ridurre le emissioni del 55% entro la fine del decennio (quindi entro il 2030). In più il governo sta cercando di aumentare le estrazioni di gas nazionale nonché gli acquisti da altri fornitori esteri.
Il problema delle rinnovabili è la lentezza nella realizzazione denuncia Legambiente. Ha calcolato infatti che per ottenere il via libera per la realizzazione di un impianto eolico fino ad ora in media ci sono voluti cinque anni contro i sei paventati. La colpa è della burocrazia, dei diversi stop delle amministrazioni regionali/locali ma anche delle Sovraintendenze. Quando poi passa tutto questo tempo, le tecnologie risultano anche obsolete.

Come vivere senza il gas dalla Russia

Alex Sorokin che è membro del comitato scientifico di Legambiente ha calcolato che se lo sviluppo del solare e dell’eolico fosse andato avanti con lo stesso incremento (5.900 MW l’anno), allora l’Italia avrebbe potuto ridurre i consumi di gas dalla Russia. Le importazioni sarebbero potute diminuire anche del 70%. Questo perché nel nostro paese si sarebbero potuti installare almeno 50 mila mw aggiuntivi rispetto a quelli in essere e non solo. Si sarebbe avuta energia elettrica in aggiunta ovvero +90 TWh (TeraWattora) l’anno.


Purtroppo l’iter per la realizzazione delle rinnovabili, spiega Ilfattoquotidiano, è lungo e complesso in quanto c’è un sistema intricato di ruoli e di deroghe. La buona notizia è che negli ultimi mesi è in atto un censimento con il quale le regioni dovranno comunicare al governo le zone non idonee per la costruzione di impianti fotovoltaici/eolici. Inoltre quelle idonee tra terreni non più utilizzati e zone industriali dimesse.
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