Continua a tenere banco la polemica intorno al Canone RAI. L’imposta più odiata dagli italiani è stata ritoccata e ora costa solo 70 euro all’anno (spalmate sempre in bolletta con l’energia elettrica). C’è però chi lo considera ormai antiquato, visto che le TV commerciali continuano a proliferare e si sorreggono con gli introiti pubblicitari. C’è intanto chi prevede crolli ancora più preoccupanti. Il PD infatti non vede di buon grado la diminuzione del costo di abbonamento.

Un’Italia senza tv pubblica?

Che la si chiami televisione di stato o tv pubblica, il Canone RAI per gli italiani rimane un’imposizione che è difficile mandare giù.

In realtà si tratta proprio di questo, infatti è un’imposta, ossia un obbligo al pagamento qualora si abbiano i dispositivi elettronici per vederla. Ciò significa che, se avete il televisore in casa, allora siete obbligati a pagarla. In pratica, è come la tassa di possesso per l’auto. Puoi anche non circolare con essa, ma comunque ne dovrai pagare il bollo. Ciò detto, in realtà ipotizzare un’Italia senza tv pubblica potrebbe essere la strada a cui ci stiamo avviando, ma ciò non significa necessariamente che sia un bene. In realtà, sono pochissimi i paesi in cui non si paga la cosiddetta tv di stato, anzi in altre nazioni la tassa è anche più alta. In realtà, il cosiddetto servizio pubblico è un costo che tutti i cittadini pagano e in compenso possono intrattenersi con una serie di stramissioni da seguire sui canali nazionali (Raiuno, Raidue e tutti gli altri).

Non è proprio la medesima cosa, ma proviamo a fare un esempio concreto per capirci. Tutti gli abbonati al servizio Prime (che ovviamente è facoltativo), ricevono compreso nell’abbonamento una serie di servizi aggiuntivi. In realtà, lo scopo principale di abbonarsi a Prime è quello di avere le spedizioni gratis, ed è per questo motivo che nasce il servizio in questione.

Negli ultimi anni però Amazon ha deciso di offrire appunto anche servizi aggiuntivi, come ad esempio Prime Video (per rimanere in tema di intrattenimento audiovisivo). In effetti, il Canone RAI è grossomodo la medesima cosa. In quanto cittadini siamo tenuti a pagarlo, in regalo lo stato ci offre una serie di canali da poter vedere in televisione. Certo, il paragone è un po’ forzato, poiché come dicevamo Prime è facoltativo, mentre l’essere cittadini italiani no, almeno finché si rimane in Italia.

Canone RAI, c’è il rischio che fallisca?

A dispetto di quanto possa sembrare positiva la notizia di un costo più basso (da 90 a 70 euro), le grandi manovre del Governo potrebbero aver fatto più un danno che altro stavolta. Nonostante i tanti aumenti sbandierati, dalla legge Airbnb alle tasse sugli immobili ristrutturati, l’abbassamento del costo del Canone Rai potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio. È il PD (guarda caso) a lanciare la provocazione. I parlamentari del partito hanno presentato le loro perplessità al consiglio di vigilanza:

“Gli ascolti della Rai vanno male. Il canone viene tagliato e, di conseguenza, le risorse diminuiscono. L’indebitamento aumenta e non si vede all’orizzonte alcuna diminuzione degli sprechi. La situazione del servizio pubblico radiotelevisivo è dunque grave e la risposta che giunge dall’azienda non solo non ci convince, ma rende la vicenda ancor più buia poiché i vertici Rai sembrano voler mettere la testa sotto la sabbia come gli struzzi. Chiediamo l’immediata convocazione in commissione di Vigilanza dei dirigenti Rai. Vengano a riferire al più presto dimostrando così di tenere al bene e al futuro del servizio pubblico”.

Insomma, da questa prospettiva proposta dal PD, abbassare gli introiti della tv di Stato attraverso un canone più basso potrebbe indebolire non poco la programmazione delle reti RAI, programmazione già pesantemente in difficoltà, visti gli ascolti sempre più deludenti.

A ben vedere, una situazione di crisi ulteriore potrebbe portare il servizio pubblico a cedere sempre più il passo verso la commercializzazione delle varie reti, ossia piegarsi al volere del marketing (cosa tra l’altro già evidente da tempo, vista la massiccia dose di pubblicità presente anche sulle reti nazionali di viale Mazzini. Ricordiamo invece che il servizio pubblico radiotelevisivo è una caratteristica del welfare europeo come il diritto alla salute e all’istruzione. Ma se i costi di gestione arrivano alle stelle e non possono essere più sorretti dai guadagni, allora diventa inevitabile una privatizzazione.

In questo caso la tv non sarebbe più un mezzo di informazione ed educazione del cittadino, ma tratterebbe quest’ultimo come tutte le altre reti televisive, ossia un consumatore che deve comprare i prodotti che pubblicizza. C’è da chiedersi, però, se anche la RAI non sia diventata questo già da tempo… E forse, a questo punto, tanto vale lasciare che crolli del tutto e che diventi completamente gratis.

I punti salienti…

  • con la diminuzione del canone RAI, c’è il rischio che il servizio pubblico finisca i fondi;
  • il rischio è che la tv di Stato possa cessare di esistere, portando alla privatizzazione delle reti;
  • in uno scenario del genere, la televisione nazionale non offrirebbe più un servizio al cittadino, ma diventerebbe un venditore che cerca di convincere il consumatore a comprare. Ma in fondo, non è forse ciò che già accade?