Sembra una domanda provocatoria, ma non lo è. Suona come una beffa, ed in un certo senso la si può definire così. Se da un lato è vero che la rivalutazione porterà a un aumento delle pensioni, è altrettanto vero però che per molti sarà un aumento soltanto di facciata. Partiamo dalla certezza: il tasso di rivalutazione del 7,3% si applicherà per intero soltanto alle pensioni di importo fino a 2.101,53 euro lordi al mese, ossia 4 volte il trattamento minimo. E fin qui l’aumento c’è, è concreto.

Si fa invece più difficoltà a parlare di aumento oltre questa soglia.

Aumento pensioni o no? 25 euro in meno al mese per una pensione di 2.500 euro lordi

L’ultima manovra finanziaria del governo Meloni ha ritoccato le percentuali di rivalutazione, modifica che va a penalizzare tutti coloro che percepiscono un assegno previdenziale superiore a 2.101,53 euro lordi.

Prendiamo come esempio una pensione di 2.500 euro, compresa tra 4 e 5 volte il trattamento minimo. Fino allo scorso anno, la rivalutazione riconosciuta era pari al 90%. Dal 2023, invece, scenderà all’85%. In concreto, significa che chi percepisce un assegno previdenziale da 2.500 euro lordi, si vedrà tagliare la pensione di 25 euro ogni mese rispetto. Infatti, se fino allo scorso anno l’aumento sarebbe stato di circa 180 euro al mese, con la nuova rivalutazione sarà di 155 euro.

92 euro in meno al mese per una pensione di 3.000 euro lordi

Le cose vanno perfino peggio a chi percepisce una pensione ancora più alta. Prendiamo come esempio un assegno previdenziale da 3.000 euro lordi, superiore cioè a 5 volte il trattamento minimo. Con le regole valide fino allo scorso anno, la rivalutazione sarebbe stata pari al 75%, mentre oggi è del 53%. Ciò significa che se fino al 2022 la pensione avrebbe goduto di un aumento del 5,4%, nel 2023 questo sarà del 3,8%. E in soldoni? Rispetto al precedente regolamento, un pensionato che percepisce una pensione da 3.000 euro lordi aumenterà di 116 euro anziché 208,34 euro, per un taglio di circa 92 euro.

126 euro in meno al mese per una di 4.000 euro lordi

Prendiamo infine come esempio un trattamento previdenziale il cui importo sia pari a 4.000 euro lordi al mese, che rientra nella fascia compresa tra 6 e 8 volte il trattamento minimo (soglia fissata a 4.203,04 euro). Con le vecchie regole, l’aumento complessivo sarebbe corrisposto a 263 euro al mese. Al contrario, secondo quanto stabilito dall’ultima manovra finanziaria, l’aumento sarà di soli 137 euro, con un taglio pari a 126 euro. Insomma, si fa presto a chiamarli aumenti.