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Oggi: 05 Dic, 2025

Naspi da restituire, ecco quando l’INPS ti può chiedere soldi indietro

Tutti i casi in cui l'INPS può chiedere la Naspi da restituire al disoccupato e come fare con tutte le opzioni da usare.
2 mesi fa
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naspi da restituire
Foto © Investireoggi

Per chi perde il lavoro in modo involontario, la Naspi è senza dubbio uno strumento fondamentale. Si tratta dell’indennità per disoccupati dell’INPS, erogata per un periodo determinato a copertura della mancanza di reddito derivante dall’interruzione del rapporto di lavoro.

Capita però spesso che, dopo aver percepito la Naspi, un disoccupato si ritrovi a debito nei confronti dell’INPS, proprio per via dell’indennità ricevuta. In pratica, alcuni si trovano davanti la lettera di restituzione per Naspi percepita indebitamente. Ma in quali casi l’INPS può chiedere la restituzione della Naspi e quando si configura un indebito?

Naspi da restituire: ecco quando l’INPS ti può chiedere soldi indietro

Edili, stagionali, precari della scuola, ma non solo: sono alcune delle categorie che più frequentemente fanno ricorso alla Naspi al termine dei loro contratti a scadenza.

Per ottenere la Naspi, è necessario che il rapporto di lavoro si sia interrotto per cause indipendenti dalla volontà del lavoratore. La scadenza di un contratto a termine dà quindi diritto all’indennità, così come i licenziamenti individuali o collettivi. Perfino i licenziamenti disciplinari consentono l’accesso al sussidio.

Le dimissioni volontarie, invece, non danno diritto alla Naspi, salvo che avvengano per giusta causa.

La durata della Naspi corrisponde alla metà delle settimane di lavoro effettivamente svolte negli ultimi quattro anni, ma solo per i periodi che non hanno già dato diritto ad altre Naspi o ad altri sussidi di disoccupazione.

L’importo è pari al 75% della retribuzione media percepita e utile ai fini previdenziali nei quattro anni precedenti, entro soglie massime prestabilite e con particolari limitazioni.

Naspi: ecco come funziona l’indennità per disoccupati

La durata massima della Naspi è di 24 mesi, ma può essere sospesa o revocata in determinati casi.

Tra sospensioni, revoche e decadenze, i problemi non mancano. La restituzione della Naspi da parte dell’INPS, infatti, non è un evento raro: può avvenire in caso di pagamenti errati da parte dell’Istituto o in seguito a controlli successivi all’erogazione, basati su contributi versati in modo anomalo dai datori di lavoro.

Un’altra ipotesi frequente è quella di un nuovo lavoro non dichiarato o dichiarato in ritardo, che può configurare un caso di indebita percezione.

Il primo caso di Naspi da restituire è quello legato a un errore nell’erogazione. Spesso i lavoratori in disoccupazione ricevono accrediti superiori al dovuto. In genere, queste discrepanze vengono compensate con i pagamenti successivi, ma se la Naspi ha una durata breve, l’INPS potrebbe non riuscire a effettuare il conguaglio in tempo. In tal caso, alla fine del periodo indennizzato, il beneficiario può ricevere una comunicazione di indebito con la richiesta di restituzione delle somme percepite in eccesso.

Le comunicazioni all’INPS sono obbligatorie

Trovare un nuovo lavoro durante il periodo di percezione della Naspi comporta un obbligo preciso: il beneficiario deve comunicare tempestivamente la nuova occupazione all’INPS, tramite il modello Naspi-Com.

Se la comunicazione non viene inviata nei termini, l’Istituto può continuare a erogare la Naspi, salvo poi chiedere la restituzione delle somme indebitamente percepite.

In genere, la comunicazione di nuova assunzione deve essere effettuata entro 30 giorni dalla data di inizio del nuovo impiego.

Se l’assunzione è a tempo determinato e inferiore a sei mesi, la Naspi viene solo sospesa, eventualmente ricalcolata sulla base del nuovo reddito presunto. Il tutto avviene spesso in automatico, ma l’invio del modello Naspi-Com rimane fortemente consigliato.

Per assunzioni di durata superiore o a tempo indeterminato, la Naspi decade, ma la comunicazione all’INPS resta obbligatoria.

Naspi da restituire: ecco le procedure, le opportunità e tutto ciò che occorre sapere

La procedura di recupero può avvenire anche tramite compensazione con altre prestazioni future (come una nuova Naspi, un’indennità o una pensione).

In linea generale, però, con la comunicazione di indebito, l’INPS invita il contribuente a versare le somme dovute tramite modello F24.

Nel caso di importi elevati, il beneficiario può chiedere la rateizzazione dell’importo. Sarà l’INPS, su istanza dell’interessato, a valutare caso per caso la possibilità di concedere il pagamento a rate e la durata del piano di rientro.

Deve essere ricordato che, trattandosi di somme indebitamente percepite, in caso di mancata restituzione l’INPS può attivare le procedure di riscossione coattiva, anche tramite l’Agenzia delle Entrate-Riscossione.

Infine, chi riceve la lettera di richiesta di restituzione e intende contestare la decisione, può presentare ricorso amministrativo entro 90 giorni dalla notifica della comunicazione.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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