Legge 104 e trasferimento lavoro, se decade la condizione, cosa succede?

Trasferimento del posto di lavoro per accudire il disabile con legge 104, se decade la condizione, cosa succede? | La Redazione risponde.
7 anni fa
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trasferimento lavoro forze armate

Legge 104  e trasferimento lavoro, il quesito di un nostro lettore:

Buongiorno, vorrei farle solo una domanda sulla 104 ma il trasferimento è temporaneo o definitivo? Parlo del trasferimento per il lavoro, quando una persona viene trasferita per la 104 e dopo qualche anno decade si deve ritornare da dove e stato trasferito, grazie del suo tempo.

Prima di esaminare il caso specifico, capiremo che cos’è il trasferimento del lavoro per i possessori della 104 e quando questo diritto può essere richiesto.

Trasferimento lavoro con legge 104 chi ne ha diritto?

L’articolo 33 della legge 104/1992, al comma 5, stabilisce che il lavoratore che assiste un familiare con handicap in situazione di gravità ha il diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede.

I beneficiari di tale diritto sono i lavoratori dipendenti e i lavoratori pubblici o privati, che assistono una persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.

La legge 53/2000 da qualche anno ha apportato una importante modifica, esattamente ha eliminato il requisito  della convivenza con la persona da assistere (prima era richiesto pena il mancato trasferimento).

Comunque è sempre necessario che il disabile sia in possesso della certificazione di portatore di handicap in condizioni di gravità e non sia ricoverato a tempo pieno.

L’azienda si può rifiutare alla richiesta di trasferimento?

Sono state molte le sentenze che si sono susseguite in Tribunale sul diniego del trasferimento del lavoratore in possesso della legge 104, da parte delle aziende. In particolare, la sentenza numero 23526/2006, ha affermato che il lavoratore (pubblico) che accetta un posto di lavoro fuori dalla propria sede, successivamente non può rivendicare il trasferimento per la necessità di assistere il familiare con handicap grave, quando questo già sussisteva al momento dell’assunzione.

L’articolo 33 della legge 104, garantisce la scelta della sede a rapporto costituito o in sopravvenienza della situazione invalidante del familiare.

Non è possibile comunque escludere l’aggravemento del familiare, che fa nascere la necessità di avvicinarsi alla sede più vicina per poter assistere il disabile (art.41 e 97).

Va chiarito che la legge 104, nel sancire il diritto del lavoratore a scegliere la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere, inserisce la locuzione “ove possibile”, di fatto decretando la necessità che il trasferimento non rechi comunque danno al datore di lavoro.

Secondo la Cassazione, sentenza n. 5900/2016, il datore di lavoro può respingere la domanda del lavoratore solo quando è possibile dimostrare la sussistenza di straordinarie esigenze produttive che ostano al suo accoglimento. Infatti, in questa sentenza condanna la società a risarcire il danno subito dal dipendente, che si era messo in aspettativa per poter accudire il parente con handicap grave.

Cosa succede se si perdono i requisiti?

L’inpdap, nella circolare n. 34 del 2000 conferma che:

  • il diritto alla sede più vicina presuppone l’esistenza (vacanza organica) del posto in cui si intende essere assegnati o rimanere;
  • lo stesso diritto viene meno nel caso in cui cessino i presupposti (per esempio mutamento della condizione sanitaria) con conseguente revoca del provvedimento.

Questo significa che nel caso in cui cessano i presupposti di assistere il disabile con handicap grave, viene meno la condizione del trasferimento.

Il lettore chiedeva se il trasferimento era permanente o definitivo. E’ il datore di lavoro a scegliere, in quanto se termina tale condizione, può richiedere che il lavoratore ritorni al posto di lavoro di partenza, cioè quello prima della richiesta di trasferimento.

Questo dipende molto dal tipo di impiego e dai contratti aziendali, comunque l’azienda può farne richiesta e il dipendente non si può opporre, in quanto il presupposto non è più in atto.

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