Finisce l’era delle agevolazioni fiscali per i lavoratori in smartworking al confine tra Svizzera e Italia. L’asse Roma Berna non ha rinnovato l’intesa con l’Italia sull’accordo amichevole sul telelavoro. Cosa faranno a partire da oggi gli oltre 90mila italiani che lavoravano da casa, in Italia, pur essendo assunti in Svizzera?

L’intervento dei sindacati

Non è mancato la replica dei sindacati al mancato accordo. Secondo gli esponenti di Cgil, Cisl e Uil, i lavoratori  di frontiera, così come le imprese, hanno negli ultimi anni ridefinito l’organizzazione di tempo lavorativo e non in base a quelle che erano le modalità di impiego.

Quello che si delinea ora è uno scenario in primo luogo penalizzante per tutti i frontalieri, andando a comportare notevoli disagi per le famiglie coinvolte.

La minaccia della perdita di status di frontalieri porterebbe ad una riorganizzazione delle dinamiche lavorative e della vita privata, con importanti ricadute sociali e professionali.

Dopo che il governo non ha rinnovato l’accordo, è stato imposto, a partire dal 1 febbraio, quindi con effetto immediato, l’incremento della tassazione sul salario qualora i dipendenti non svolgessero il proprio lavoro in sede.

Tra le varie problematiche viene anche posta in essere quella del disallineamento con la politica europea riguardo la normativa sugli oneri sociali per lavoratori e imprese, prorogata fino alla fine di giugno.

È intervenuto anche il sindacato svizzero Ocst, che considera “folle” la scelta dell’Erario Italiano, riportando un parere dell’Agenzia delle Entrate: se dal 1 febbraio un frontaliero farà smart working anche per un solo giorno, tutto il suo reddito diventerà tassabile in Italia.

La violazione dell’accordo del 1974

La decisione si basa sulla necessità del rientro giornaliero. Saltata l’intesa, verrebbe meno la possibilità per tutti in frontalieri in smart working. In questo modo non sarebbe applicabile la tassazione esclusiva Svizzera sul reddito, come previsto dall’accordo siglato tra le parti nel 1974.

Una interpretazione estremamente formale, ritengono all’unanimità i sindacati, priva di buonsenso.

L’Ocst richiede un immediato dietrofront e un nuovo accordo amichevole tra Italia e Svizzera, con la possibilità per i frontalieri di poter svolgere alcuni giorni di lavoro da casa (o comunque in telelavoro in una sede diversa da quella aziendale) senza perdere le agevolazioni fiscali.

Si aggiungono alla richiesta anche la comunità di lavoro Regio Insubrica, l’Associazione Industrie Ticinesi e la Camera di Commercio.

Rimane invece invariata la tassazione a 5% per gli italiani che percepiscono pensioni svizzere.

L’opposizione porterà la questione in Senato il 1 febbraio.