Due i focus delle interviste al ministro del Lavoro Marina Elvira Calderone in queste fasi calde per il governo Meloni. Da un lato le pensioni, con l’impellenza della riforma e la necessità di rivalutare quelle già esistenti, dall’altro gli stipendi. Su quali pilastri poggia la riforma salariale che ha in mente l’esecutivo?

La riforma che rispolvera il contratto determinato

Partiamo prima di tutto dalla forma contrattuale. L’obiettivo dovrebbe essere quello di spingere le assunzioni a tempo indeterminato.

In questo senso ci saranno verosimilmente maggiori paletti imposti ai contratti a tempo determinato. Come a dire: il contratto a tempo determinato deve avere una ragione sostanziale che lo giustifica come tale. Ciò in merito all’obiettivo da raggiungere. Tuttavia sui tempi e la durata del contratto la questione si ribalta, paradossalmente rispetto a quelle che sono le intenzioni dichiarate. In quest’ottica il governo Meloni rappresenta un ritorno al passato. Salta infatti il vincolo dei 24 mesi e sarà altresì introdotta una possibilità di proroga, a determinate condizioni, di ulteriori 12 mesi. Così facendo, anche se per il momento si tratta solo di ipotesi, si metterebbe di fatto fine al Decreto Dignità voluto dai 5 Stelle. La cosa non manca di suscitare polemiche. Anche perché nella pratica diventerebbe più facile assumere a tempo determinato, con meno garanzie per i lavoratori.

Ammettiamo ora che il nostro lettore abbia trovato lavoro. Il secondo tasto dolente riguarda lo stipendio. Quanto guadagnerà chi viene assunto?

Stipendi più alti per chi produce di più anche se vive al sud

Da tempo, soprattutto sul fronte scuola e forze dell’ordine, si sottolinea l’opportunità di differenziare gli stipendi tra nord e sud. L’idea, che non rappresenta una novità, sarebbe quella di distinguere livelli salariali, soprattutto per gli statali, su base territoriale. Ad oggi un docente o un poliziotto di Milano guadagnano, a parità di posizione e carriera, la stessa cifra di colleghi residenti in città molto meno care, come ad esempio Lecce.

Il governo però non sembra intenzionato a sposare questo approccio. Stando alle ultime dichiarazioni del ministro Calderone, l’idea sarebbe più che altro quella di introdurre un sistema premiale per chi produce di più.

Nell’agenda della riforma lavoro 2023 si interseca anche la questione del reddito di cittadinanza, in particolare dell’inserimento degli occupabili tramite politiche attive e di strumenti alternativi di sostegno per chi non è idoneo al lavoro.

Insomma un calendario fitto e tempi stretti per agire su queste questioni impellenti che riguardano il mondo del lavoro e delle pensioni.