La trasparenza salariale è il trend topic del momento, la rivoluzione che aspettavamo per abbattere gli inutili tabù che da sempre riguardano lo stipendio in Italia. Persone che hanno paura di chiedere, aziende che fanno colloqui senza esplicitarlo, una grande omertà sull’argomento economico che sembra spinta dalla paura di stonare. Dall’ansia di sembrare attaccati al soldo (come se poi i soldi non fossero necessari a sopravvivere). La retorica del vecchio mondo del lavoro che vuole le persone dedite al lavoro ciecamente, indipendentemente da quanto guadagnano, ha avuto vita fin troppo lunga e deve morire.

In più, non parlare di cifre ha solo l’effetto di aumentare il divario salariale tra sessi.

Una nuova direttiva dell’Unione Europea cerca di mettere fine a tutto ciò imponendo la trasparenza salariale. Ecco di cosa si tratta e come si applica.

Trasparenza salariale e lotta al gender pay gap: la direttiva

In base alla nuova direttiva dell’UE sulla trasparenza salariale, lo stipendio dovrà assolutamente essere discusso in corso di colloquio di lavoro. Non dovrà essere il candidato a chiederlo a propria discrezione. Non solo: la cifra proposta dovrà essere chiara da subito, a partire dalla pubblicazione dell’annuncio di lavoro. L’articolo 5 parla chiaro. Prevede per le aziende l’obbligo di:

“indicare il livello retributivo iniziale o la relativa fascia (sulla base di criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere) da corrispondere al futuro lavoratore per una specifica posizione o mansione […] senza che il candidato debba richiederlo”.

La novità, proposta dalla Commissione nel marzo 2021 e approvata dal Parlamento europeo, cerca di intervenire sulla correttezza degli annunci e sul livello di trasparenza delle offerte di lavoro. Inoltre, questa iniziativa mira a ridurre il divario salariale di genere, obbligando a dichiarare la retribuzione ancora prima di conoscere il sesso dei futuri candidati e quindi agire in sfavore delle donne (come purtroppo accade).

Secondo l’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, è in effetti il miglior modo per rendere noto ai dipendenti di un’azienda l’eventuale presenza di divari retributivi e di che entità sono, favorendo una presa di coscienza che aiuterà a cambiare le cose.

Correzione delle disparità salariali e addio al segreto retributivo

Sempre in tema di lotta al gender pay gap, secondo la direttiva ogni azienda con più di 100 dipendenti dovrà correggere eventuali disparità salariali qualora superino il 5% senza che vi sia una giustificazione plausibile. Inoltre, in termini di trasparenza salariale, i lavoratori e le lavoratrici potranno consultare dati aggregati per genere sulle retribuzioni per capire come vengono assegnati eventuali aumenti di stipendi. Questi dovranno finalmente essere neutrali rispetto al genere del lavoratore.

Cade anche il segreto retributivo. Chi effetto i colloqui, che sia l’addetto alle risorse umane o il datore di lavoro, non potrà più chiedere informazioni sulle retribuzioni precedenti dei candidati, evitando che questa informazione influisca sull’offerta. Come commentato dalla corelatrice Samira Rafaela, appartenente al gruppo liberale Renew europe:

“Questa legislazione è progressista, moderna, femminista, liberale e intersezionale. È il primo passo per colmare il divario retributivo di genere”.

Quando entra in azione la direttiva e come

La direttiva sulla trasparenza salariale, dopo l’inserimento della direttiva in gazzetta ufficiale, dovrà essere adottata dagli Stati membri entro tre anni. Dovranno mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie con sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive. L’idea è quella di dare multe consistenti ai datori di lavoro che violano le norme. Lavoratori e lavoratrici avranno diritto a un risarcimento se l’azienda per cui lavorano non dovesse rispettare le misure.

La direttiva ha ricevuto ampio sostegno da parte degli eurodeputati con più di 400 voti a favore.

Tra gli opposti figurano sei italiani, due di Forza Italia e quattro di Fratelli d’Italia.