L’ondata di dimissioni dal lavoro e la conseguente presenza di posti vacanti è una pratica sempre più diffusa. Non solo in Italia. Anzi, in Europa la situazione sembra prendere una piega addirittura più accentuata, indipendentemente dal tipo di imprinting sociale e culturale. Al momento l’Eurozona fa registrare un 3,1% di posti liberi, un valore record che segna probabilmente il passaggio da una fase di recessione ad una di ripresa.

Più dimissioni dal lavoro, maggior potere contrattuale dei dipendenti

Un effetto collaterale delle dimissioni di massa è sicuramente la possibilità, da parte dei dipendenti, di poter avere più forza contrattuale nei confronti del datore di lavoro.

La maggiore flessibilità del mercato e la possibilità di poter scegliere il proprio lavoro, o addirittura di farne a meno per un periodo pur di evitare ambienti tossici, ha portato le aziende a rivedere l’approccio con la forza lavoro.

Se le competenze scarseggiano, il loro valore cresce. E si deve pagare di più per averle e mantenerle.

Come ha dichiarato Wouter Zwysen, ricercatore belga dell’istituto sindacale europeo, il dibattito si è spostato dalla disoccupazione alla carenza di manodopera. Non solo qualificata.

Il fenomeno è considerato ciclico, ovvero parte di un periodo di crescita. Tuttavia, considerata la crisi demografica che attanaglia l’Europa e l’attuale di mismatch tra competenze richieste e quelle effettivamente presenti sul mercato, il turnover da ciclico potrebbe trasformarsi in cronico.

La situazione in Francia e in Spagna

Sono aumentati anche in Francia e in Spagna i posti vacanti, come indicano i dati relativi al 2022. Il 67% delle aziende transalpine hanno denunciato difficoltà nel reperire manodopera, il valore più alto dal 1991.

Nella penisola iberica, invece, i vuoti occupazionali sono aumentati del 150% nel solo settore trasporti, del 90% nelle attività tecniche e del 111% nelle pubbliche amministrazioni.

Il trend nel nord Europa: Paesi Bassi e Germania

La situazione resta stazionaria, anzi più marcata, se saliamo di latitudine.

In Olanda, ad ogni 100 disoccupati corrispondono 123 posti liberi, mentre la Germania non riesce a coprire i posti vacanti per il quarto anno consecutivo.

Questi dati manifestano una tendenza comune, sia tra paesi latini che nordici, al malessere da ufficio e alla voglia di cambiare.

Vuoi per la ricerca di un salario migliore, vuoi per staccare la spina e riprendere in mano la propria vita e dedicarsi agli affetti e al tempo libero, i cittadini europei al momento non tengono così tanto al posto fisso. Anzi, più è mobile meglio è.

E a poco servono soluzioni di stampo psicologico come il quiet thriving: il fenomeno delle dimissioni dal lavoro si avvia verso il suo picco, inarrestabile, figlio di una consapevolezza maturata che si lavora per vivere, non si vive per lavorare.

Solo se le aziende si adegueranno a questa nuova linea di pensiero, magari passando alla settimana lavorativa corta e a migliori condizioni di lavoro, allora potranno tornare a riempire tutti quei posti che ora risultano mestamente vacanti.