Il 2023 è iniziato con una piacevole sorpresa, ovvero l’aumento degli stipendi grazie al taglio del cuneo fiscale. Nonostante ciò, però, in molte province si registra un crollo degli stipendi generale che desta preoccupazione. A svelarlo, con tanto di numeri e percentuali, è l’analisi effettuata dal Centro Studi Guglielmo Tagliacarne che dimostra come l’inflazione continui a colpire duramente. Mentre man mano cresce e mette in serio pericolo i risparmi degli italiani, gli stipendi non crescono proporzionalmente.

Anzi, diminuiscono nettamente in molte zone d’Italia.

L’analisi ha preso in considerazione i dati degli ultimi 3 anni riguardanti 22 province italiane e la conclusione è chiara. Le buste paga sono sempre più leggere. Questo crollo degli stipendi non può essere ignorato. Deve anzi essere il punto di partenza per ridiscutere un meccanismo che sta togliendo sempre più potere d’acquisto agli italiani, spogliandoli man mano anche dei risparmi accumulati nel tempo.

Scopriamo quali sono i numeri a riguardo.

Crollo degli stipendi, le province più colpite che lanciano un allarme

Il Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne ha analizzato le buste paga di 22 province nel corso degli anni che vanno tra il 2019 e il 2022. Il risultato? A livello nazionale, in media, vi è stato un piccolo aumento di 301 euro in busta paga corrispondente a un +2,5% tra il 2019 e il 2021. A livello locale, però, le cose cambiano. Il crollo degli stipendi che colpisce alcune città in particolare, tenendo in considerazione varie voci del reddito disponibile con i prezzi correnti, in media si traduce in circa 312 euro in meno in busta nel corso dei tre anni selezionati.

Queste le città che sembrano più colpite, tra tutte:

  • Firenze;
  • Arezzo;
  • Lecco;
  • Fermo;
  • Rimini;
  • Prato;
  • Aosta;
  • Biella;
  • Venezia;
  • Vercelli;
  • Como;
  • Varese;
  • Gorizia;
  • Napoli;
  • Ferrara;
  • Verbano-Cusio-Ossola;
  • Lodi;
  • Taranto;
  • Sondrio;
  • L’Aquila;
  • Catania;
  • Messina.

Le ragioni dietro alle buste paga più leggere? Al momento, secondo il Centro Studi, non è semplice definirle in modo chiaro.

Probabilmente si tratta del risultato di un insieme di condizioni. Oltre al mancato adeguamento rispetto all’inflazione che galoppa, la maggior parte della colpa sembra da attribuire alla pandemia e alle restrizioni sulle attività del posto, con il lungo blocco del turismo che ha messo in ginocchio molte economie locali. Riprendere il giro dopo la botta dei lockdown non è stato semplice e le conseguenze continuano a pesare.

Le zone in cui lo stipendio resta più alto

Tornando invece alle città in cui le cose vanno meglio e non si registra un crollo degli stipendi, ma anzi una crescita, spicca inevitabilmente Milano. Nella città lombarda l’aumento degli stipendi è stato di media di 1.908 euro, un dato però da contestualizzare: con i prezzi della vita alle stelle, tra beni di prima necessità e alloggi cari come il fuoco, è comunque un picco che lascia poco spazio agli entusiasmi. La classifica degli aumenti prosegue poi con Parma (1.425 euro) e Savona (1.282 euro, ovvero un 14,3% in più), seguite da Oristano con un +11.2%.

Per quanto riguarda il reddito pro capite, tra i più alti spiccano quelli di:

  • Milano, con una media di 30.464 euro nel 2021 e un aumento del 6,7% rispetto al 2019;
  • Bolzano, con una media di 19.000 euro con nessuna modifica registrata rispetto al periodo pre-pandemia;
  • Bologna, con una media di 18.628 euro, un 2,3% in più rispetto al 2019.

Molto interessante anche il dato medio del peso pro capite del reddito da lavoro dipendente sul totale del reddito disponibile nel triennio: si attesta su uno stabilissimo 63% che, in 42 province su 107 analizzate, ha subito un aumento dal 68,7% al 69,7%.