Alla fine, il tanto temuto epilogo ha preso vita. Non è stato raggiunto alcun accordo sull’adeguamento retributivo per colf, badanti e baby sitter. Una mancata comunione di intenti che fa tremare le famiglie italiane che si avvalgono di un collaboratore domestico per le più svariate esigenze. Ad esempio, tenere in ordine casa quando gli orari di lavoro non lo consentono. Oppure, badare ai bimbi quando entrambi i genitori devono lavorare o, ancora, sorvegliare famigliari anziani e malati non autosufficienti.

Non capricci, ma reali esigenze in un mondo in cui la frenesia è all’ordine quotidiano e lo spazio per le esigenze personali è sempre più esiguo.

Si corre, si lavora di più, gli straordinari sono dovuti, anche in smart working non si stacca mai. E, non può che essere così, l’aiuto di collaboratori si fa essenziale. Purtroppo, però, dopo il mancato accordo entra direttamente in campo l’aumento del 9,2% sui minimi retributivi di colf, badanti e baby sitter.

Adeguamento retributivo per colf e collaboratori domestici: perché l’accordo è saltato

Per quanto prevedibile che accadesse, visti i disaccordi delle scorse settimane, sorge spontanea una domanda. Perché non si è giunti a una visione comune, a una soluzione che non mettesse in difficoltà le famiglie italiane, ma tutelasse anche i collaboratori domestici? Come spiega la Federazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico:

“I sindacati Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl, Uiltucs e Federcolf non hanno voluto accettare la proposta avanzata dalle associazioni datoriali rappresentate dalla Fidaldo di scaglionare gli aumenti dovuti nel corso dell’anno”.

E quindi, come accennato, è scattato in automatico l’adeguamento retributivo all’80% dell’indice Istat per le retribuzioni minime, in aumento del 9,2% a partire da questo mese, e al 100% per le indennità di vitto e alloggio. Una mazzata che potrebbe mettere in ginocchio molte famiglie, già ampiamente provate dall’impennata dei costi di tutti i beni di prima necessità, dal prezzo della benzina e dalla crisi generale.

Facciamo l’esempio di figure assunte con orari lunghi o in regime di convivenza, come i badanti: la retribuzione minima passerà da 1.026,34 euro a 1.120,76 euro. Oltre 94 euro in più al mese a cui si sommerà l’aumento dei contributi, per un totale di 1.575 euro in più. Per le baby sitter assunte a 40 ore non conviventi, lo stipendio minimo passa da 1.234 a 1.348,53 euro. Circa 115 euro in più a mese, con un incremento annuo (comprensivo anche di contributi, tfr, ferie e tredicesima) di 1.743 euro.

Un trend positivo destinato a invertire la rotta?

La Federazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico ha reso noto che le associazioni datoriali avevano chiesto di scaglionare gli aumenti per l’adeguamento contributivo di colf, badanti e baby sitter nel corso dell’anno, così da non impattare in modo feroce sui budget familiari, ma la proposta non ha portato a nulla. Il risultato? Secondo Assindatcolf è chiaro e prevedibile: aumenterà il lavoro in nero. Come dichiarato dal vice presidente di Fidaldo Andrea Zini ad ANSA:

“Purtroppo il tentativo c’è stato, abbiamo lavorato intensamente ma la nostra proposta di introdurre gli aumenti dai primi di marzo e non da gennaio per dare un minimo di respiro alle famiglie non è stata accettata e, anzi, c’è stato un rilancio in modo che a fine anno le famiglie avrebbero dovuto affrontare una spesa superiore a quella prevista dall’adeguamento automatico”.

Parlando un po’ di numeri, il lavoro in nero in questo specifico settore stava diminuendo. Certo, un quarto dei tre milioni di lavoratori in nero presenti in Italia è impiegato nei servizi alle famiglie, ma il trend stava volgendo in positivo. I datori di lavoro domestico in regola sono aumentati del 13,3% dal 2019 al 2021. A svelarlo è il Rapporto annuale sul lavoro domestico in Italia 2022 dell’associazione datoriale Domina.

Secondo il documento, sono oltre un milione i datori di lavoro di colf, baby sitter e badanti noti all’Inps, con una crescita nel triennio che è del 18,3% in Lombardia e del 34,2% in Puglia.

Il temuto ritorno al lavoro in nero

Il sommerso quindi coinvolgeva solo il 12,9% sul totale degli occupati. Parliamo al passato perché questo adeguamento retributivo per colf, badanti e baby sitter con un aumento del 9,2% degli stipendi minimi potrebbe seriamente invertire il trend. Di fronte a cifre sempre più complesse da sostenere, la reazione non può che essere quella di trovare accordi al di fuori degli occhi della legge.

Lo conferma anche Zini nelle sue dichiarazioni all’ANSA:

“Aumenti concreti, non un mero allarmismo come più volte è stato sostenuto dai sindacati, con il rischio che molti dei lavoratori oggi in regola scompaiano nel ‘nero'”.

O che perdano del tutto il lavoro, ovviamente. Il vice presidente della Assindatcolf continua:

“Per questo, ora più che mai auspichiamo che il Governo intervenga in tempi stretti con misure concrete a sostegno delle famiglie. Non solo sgravi per la regolare assunzione come previsto dal Piano nazionale per la lotta al sommerso in vigore dal dicembre scorso, ma anche aiuti economici mirati”.

Secondo i calcoli dell’associazione, il settore domestico subirà l’incremento maggiore rispetto ai principali contratti, come quelli dei metalmeccanici e del commercio. Questi ultimi, infatti, hanno visto negli ultimi 10 anni aumenti retributivi rispettivamente dell’8,4% e dell’8,3%, contro il 17,9% del settore domestico. Insomma, gli adeguamenti contributivi di colf, badanti e baby sitter lascia l’amaro in bocca ovunque ci si giri.

Adeguamento retributivo di colf, badanti e baby sitter: gli aiuti per le famiglie

Tutti attendono una risposta del Governo. Una forma di assistenza alle famiglie che renda sostenibile l’adeguamento retributivo di colf e collaboratori domestici. Intanto, si fa strada qualche ipotesi. Come spiega Danilo Arcani, direttore commerciale di Family Care, al Sole 24 Ore, si potrebbe introdurre una detrazione totale delle spese sostenute dalle famiglie.

Una proposta cavalcata anche da Pierluigi Morelli, presidente dell’agenzia per il lavoro Serenità:

“La percentuale di detrazioni e deduzioni del costo dell’assistenza domiciliare in Italia è tra le più basse in Europa e non contribuisce nei fatti a ridurre i costi per le famiglie. Il Governo ha introdotto nel Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso un contributo su base mensile parametrato all’Isee, ma ancora non se ne conoscono tempi, importi e modalità di erogazione”.

Questo contributo si dovrebbe basare sulle ore di lavoro dell’assistente familiare, con un limite di almeno 20 ore settimanali per ottenerlo interamente. Per orari più brevi, si ottiene una riduzione proporzionale. Il piano include anche una semplificazione del Libretto famiglia per il lavoro domestico occasionale.